C’era Alessandria, un secolo fa, un altro mondo. Di ombre, dove i regni erano vuote parole e i gioielli vetri colorati. E di umanità, in cui Kavafis costeggiava Marinetti e Ungaretti. Con le sue memorie sempre vive di un passato avventuroso, di idee e passioni. “Aspettando i barbari” era l’ode di Kavafis più famosa, di cui questa onesta antologia non si priva, e ora i barbari sono arrivati. Le orde in aspetto di figliolanza, epidemica. Ma crudeli e bestiali nel 2012 come nell’età della pietra. E sarà il segno della raccolta, oggi, per il pubblico indifferenziato del giornale: la storia va in fretta, e spesso torna indietro, non c’è una freccia della storia.
È un libro in effetti “per tutti”. Non solo per l’attualizzazione nella barbarie che ha reinvaso Alessandria e l’Egitto. La poesia di Kavafis si manifesta narrativa: storica, aneddotica, evocativa. Tra la memoria e la passione, anche il titolo è indovinato. La storia è Itaca, l’insofferenza del ritorno. E nostalgia, allora come oggi. È anche l’amore, che il Kavafis maturo ancora di più pregia. Anonimo per lo più, e di corpi vivi, benché di occasioni sfumate o passate. La sensualità non è rimossa, in questa città di confluenze ormai remota: la “pelle come di gelsomino fatta”, la promessa di uno sguardo rubato, il rimpianto di un incontro evitato, e di tutto il “ricordo appena” degli occhi: “Erano azzurri, credo…,\ Ah sì, azzurri, uno zaffiro azzurro”. E anzi espansiva: c’è gioia nel ricordo, l’erotismo vi è più carico.
Costantino Kavafis, La memoria e la passione, Corriere della sera, pp. 272 € 7,90
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