C’è chi vede nelle nove degradazioni di S&P, di cui alcune doppie, tra esse quella dell’Italia, la conferma di un assalto all’euro. O di una capacità di giudizio sopravvalutata – di un ruolo sopravvalutato. È possibile. Un’affidabilità del debito italiano portata al livello di quello del Kazachstan o della Colombia è evidente che non ha senso.
La sindrome del “complotto” questa volta non è italiana. Bruxelles ne parla apertamente. Denuncia un attacco concentrato sull’euro, una offensiva a tappeto che isola la Germania e i suoi tre satelliti. E blatera d’inverosimili guerre diplomatiche che la vedono barattare i sostegno agli Usa sull’Iran contro una remissione delle agenzie di rating, leggi gli stessi Usa, del debito europeo. Come se Obama fosse il patrono, e non l’avversario, delle stesse agenzie. Parlano le aurorità europee che non hanno fato nulla in quindici ormai lunghissimi mesi per recidere il bubbone del debito pubblico insolvente, e per cerare condizioni per una ripresa dell’economia in Europa. Gli Usa hanno inventato gli Stati canaglia. L’Europa vorrebbe inventare le Agenzie canaglia, una Spectre della finanza che governa sotterraneamente il mondo. Niente meno di questo.
Non è questo però il giudizio della stampa anglosassone. Né della Germania di Angela Merkel. Perché, c’è anche da dire questo, il giudizio di S & P non è sbagliato: la manovra di Monti è recessiva – potrà salvare i conti pubblici contabilmente, ma non economicamente. Detto in parole semplici: noi sappiamo che pagheremo comunque i nostri debiti, ma dove prenderemo i soldi se la ricchezza diminuisce? Il dato Istat incombente sul pil trimestrale peserà più della retrocessione di S & P.
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