domenica 29 gennaio 2012

I professori chiudono l’università pubblica

Da Luigi Berlinguer e De Mauro a Monti, in dodici anni all’inizio del Duemila l’università viene smantellata. A opera degli stessi professori. Nonché vati autoimmuni del popolo e del progresso, volgarmente detti cattocomunisti - Monti non è comunista ma cattolico sì (l’ultimo dei Berlinguer del resto, non essendo più comunista, come il professor De Mauro, non si sa cos’è). Interpreti insomma della società civile e del futuro dell’Italia.
Abolire l’obbligo dello studio, come fecero Berlinguer e De Mauro, ha ridotto all’istante le università a esamifici, di quart’ordine - un ponte all’analfabetismo di ritorno. Che s’inventano sciocchi corsi di studio per attrarre iscritti, e tutti gli iscritti promuovono indistintamente per stare su nelle valutazioni. Abolire la laurea, l’incentivo a fare una buona tesi, è abolire l’università, con ogni stimolo residuo a imparare qualcosa, sia pure a scrivere in italiano. Tanto più quando si vuole contemporaneamente che, pur auspicando la scuola pubblica (al cattocomunismo è inerente l’ipocrisia), l’università sia pagata. Pagare per che? Il popolo non è scemo – si potrebbe dire “non è giavazziano”.
Si abolisce la laurea per spuntare le unghie alla burocrazia, esultano gli aedi di Monti. Ma l’ing. dott. prof. Profumo, ministro dell’Istruzione nonché presidente del Cnr, non vuole introdurre l’esame di ammissione all’università? Un altro, con relative commissioni, scartoffie eccetera. È il merito, si pretende. “L’eccellenza non è certificata dal voto”, può ora ghignare beffardo Giavazzi da Boston, c’è chi si diverte così, dopo dodici anni di riforma. No, l’eccellenza sarà certificata dalle banche, dai soldi spesi ogni anno per il diritto allo studio, 12 mila euro alla Bocconi. Oltre che il governo delle banche, Napolitano ci imporrà anche l’università delle banche?
Cosa c’entra il cattocomunismo? Siamo giunti al paradosso (ma è uno scandalo) che due ministre dichiaratamente privatizzanti e solo laureate, Moratti e Gelmini, hanno ricostruito l’università pubblica riparando ai maggiori guasti di Berlinguer-De Mauro: postifici, esami barzelletta, insegnamenti burla. E dandole infine risorse adeguate e un assetto giuridico praticabile. Arriva il rettore prof. dott. ing. Profumo, dal Politecnico di Torino e dalla presidenza del Cnr, e non solo non molla la presidenza ma, d’accordo col professor Monti e l’altra dozzina di professori del governo di Napolitano, abolisce la laurea.
L’università è fatta di ricerca e di studio. Per la ricerca, si dice, non ci sono soldi, e pazienza, ce ne sono in abbondanza oltralpe. Lo studio ora vedrà all’opera diecine di migliaia di professori che non avranno nulla da insegnare perché non ci saranno studenti che vogliano imparare. Senza valore la laurea non è un obbligo, farla al meglio cioè.

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