“Calendario di morte e resurrezione”, della madre. Con la quale Nelly in solitudine ha vissuto, sessanta dei suoi ottant’anni. La poesia dei “Sepolcri” senza gli eroismi. Dell’accumulo della memoria, la morte aiuta l’amore: “Non faccio che dire addio”.
È la poesia in prosa di uno speciale amore materno, quale è l’amore filiale. Avvicinandosi l’anno dall’evento, Nelly “scrive” alla madre morta. Ci dialoga cioè, con la sola compagna di una vita di solitudine e malattia. Esercitando la “nostalgia della morte”, come di un futuribile: “Tutto è spazzato salvo la nostra destinazione. La morte è il dissipatore del superfluo”. Solitudine, sofferenza, indigenza fisica e economica: “Resta il «silenzio parlante», la «nostalgia»… Oh morte, che partorisci le anime”. Il “silenzio parlante” è della “meravigliosa musica dell’armonia che domanda e risponde”, tra il vivo e il morto.
È la coedizione in contemporanea con la pubblicazione a fine 2010 in lingua originale, “Briefe asu der Nacht”. Un’elegia che si legge in controluce del chassidismo, nel linguaggio iniziatico, acuto, del fantasioso chassidismo, e della sua teologia della redenzione, che Nelly mediò in gioventù con la lettura di Buber e Rosenzweig, e fu il suo orizzonte mentale e il suo conforto nella lunga e travagliata vita. “La redenzione è sorgente e madre”. Nei colori del sogno: “Là dove il divino diventa il colore «Niente»”.
Nelly Sachs, Lettres en provenance de la nuit, Allia, pp.86 € 6
venerdì 6 gennaio 2012
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