Le contemporanee primarie americane per la scelta del candidato repubblicano alla Casa Bianca mostrano nuda l’indigenza delle primarie adottate dal partito Democratico. In alcuni casi risolte goliardicamente, da giovanotti che hanno mobilitato gli amici, Vendola, Renzi, senza idee, senza programmi, senza prospettive. È questa l’unica novità delle primarie all’italiana: che tutti si ritengono capipopolo, anche i ragazzetti delle medie, e si propongono e si candidano. Non uno spettacolo gradevole – neppure sotto l’aspetto mobilitazione: sono ragazzi che si candidano a tempo perso.
Normalmente le primarie sono i vecchi congressi all’epoca della post-sezione, dove al posto delle mozioni si presentano delle candidature. Sulle quali poi i potentati intermedi e minori si schierano con liste di appoggio. Le liste a cui si iscrivono i ragazzi in migliaia. Col potere di scelta immutato dei vecchi federali. Che le primarie democratiche sono un falso non lo sanno solo i giornali. In molte parti sono un falso perfino “laurino” - a Napoli naturalmente, ma anche in Emilia, e in Toscana.
A Roma, restando nella legalità, si arriva al caso limite. Di Veltroni che candida Gasbarra a capo partito provinciale, ma vede i suoi simpatizzanti esclusi, o ridotti al minimo, nella lista di appoggio, dal federale in carica. Una sorta di nemesi: Veltroni, che le ha inventate, è fallito proprio sulle primarie, indigesto a tutti i potentati locali ai quali voleva invece imporre il vecchio centralismo democratico. La società? Le idee? Le candidature reali, di personaggi di spessore? Le primarie americane servono a “forrnare” i candidati, non a divertirli.
martedì 31 gennaio 2012
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