Prima a Bruxelles e poi, soprattutto, a Parigi, Mario Monti ha lanciato come Befana la sfida all’Europa: fare o perire. Garbatamente, come ha ripetuto a Parigi, ma con un argomento inoppugnabile: l’Italia ha fatto la sua parte, l’ha fatta rapidamente e con interventi decisivi, sulle pensioni e sul fisco, tocca agi altri fare la loro. Un discorso rivolto alla Germania, senza nominarla. Cosciente, ha lasciato intendere, che la “volontà europea” dev’essere comune, ma con una chiara indicazione delle responsabilità.
L’offensiva di Monti è partita da una tribuna qualificata come quella che gli ha offerto il convegno parigino organizzato da Sarkozy sul “Nuovo mondo”. Dove ha rubato la scena al presidente francese: una manovra diplomatica di aggiramento molto abile. I quindici giorni fino al 20 - incontro con la Merkel e triangolare con Merkel e Sarkozy - serviranno a ispessire il dossier italiano.
Monti non avrà bisogno peraltro di grandi gesta, il suo “discorso all’Europa” è nei fatti. Nei fatti è come se fossero Monti, il governo italiano e l’Italia i federatori dell’Ue in questa ormai cancrenosa congiuntura: oltre che sull’incerto Sarkozy, la posizione italiana potrebbe infine offrire un varco alla debole Merkel per riportare la Germania ai suoi doveri di primo partner europeo. Il rapporto speciale con il consigliere economico della cancelliera, Lars-Hendrik Röller, che Monti volle suo stretto collaboratore a Bruxelles nel 2003 e poi gli è rimasto vicino, dovrebbe dissipare anche i presunti ostacoli “tecnici”.
venerdì 6 gennaio 2012
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