L’introduzione di Mary de Rachewiltz, sette paginette mozzafiato, molto poundiane, rendono impossibile ogni ragionamento critico sul filo conduttore di Colombo, di un “cattolicesimo pagano” in Pound. Anzi, di un “miglior” cattolicesimo sradicato dalla Bibbia e dall’ebraismo e radicato nel politeismo greco-romano. Con l’ausilio di Harold Bloom, del suo “Gesù e Yahvé, e dell’intervista ad Amy Rosenthal con cui Bloom lo presentò al pubblico italiano, sul “Foglio” del 24 dicembre 2005 (“Jahvé contro Jahvé”). Nonché dei tre saggi del filosofo polacco Tadeusz Zieliński raccolti nel 1924 in Francia sotto il titolo “La sibylle : trois essais sur la religion antique et le Christianisme” – una rielaborazione della tesi che Zieliński aveva elaborato a cavallo del secolo, pubblicate a Firenze prima della guerra col titolo “L’antico e noi. Otto letture”, a cura della Società italiana per la diffusione e l’incoraggiamento degli studi classici. Ma prima ancora, andrebbe forse aggiunto, di Marcione, a quanto è possibile arguire dalle ricostruzioni degli eresiarchi e dalla notevolissima, benché non tradotta, interpretazione di Adolf von Harnack, il teologo editore del Codice Purpureo dei Vangeli di Rossano, “Marcion: Das Evangelium vom fremden Gott. Eine Monographie zur Geschichte der Grundlegung der katholischen Kirche”.
Anche il Silenzio del Poeta per quasi trent’anni dopo la guerra Mary riporta, con le parole del priore di San Giorgio Maggiore all’interramento, alla “Voce di Dio”. Pound crebbe con la Bibbia, Mary ricorda ancora opportunamente, la cui pratica era estensiva in famiglia e per tradizione paterna. Ma dal 1906, a 21 anni, borsista a Madrid per la tesi su Lope de Vega che non finirà, visse a contatto col cattolicesimo. E il cattolicesimo poi confonderà, annota la stessa Mary de Rachewiltz nell’intervista che chiude il volume, nel suo specialissimo panteismo confuciano: “Di neo paganesimo si può parlare in quanto Pound non credeva che Dio (“il Dio vero”) fosse monopolio di un popolo o di una religione soltanto. E non riteneva necessario – anzi era contrario agli dei e agli idoli”.
Il “cattolicesimo pagano” in Pound Colombo media da Caterina Ricciardi, che su questa commistione collazionò vent’anni fa gli articoli di Pound per la pagina culturale del “Meridiano di Roma”, nella raccolta intitolata “Idee fondamentali”. E l’ha poi rielaborata nel recente “Ezra Pound. Ghiande di luce”. Colombo la consolida di molteplici tracce. La conoscenza, anche di prima mano, che Pound aveva della patristica e della filosofia medievale, da Scoto Eriugena ai Catari e a Duns Scoto e Riccardo di San Vittore. Una distinta propensione al neoplatonismo e alla gnosi, compreso il ritorno agli “idoli” di Gemisto Pletone. La dottrina sociale della chiesa, molto attenta all’interesse abusivo e all’usura, al feticcio denaro, che entusiasmò Pound per tutti gli anni 1930 e dopo. L’immedesimazione con i fenomeni naturali, della sessualità umana, della fertilità della terra – che attirò a lui, tra gli altri, Pasolini.
In Zieliński, da cui Pound avrebbe mediato negli anni 1920 l’ascendenza pagana del cristianesimo, Colombo s’è imbattuto in uno dei primi “Radiodiscorsi” bellici di Pound all’Eiar, poi Rai – di cui egli stesso ha proposto una scelta nel 1998. In appendice Colombo propone il quadro sinottico della dottrina dell’amore di Riccardo di San Vittore, che Pound s’era costruito in latino e in inglese, e alcuni “inediti”: le sue lettere in italiano a mons. Pietro Pisani e a don Tullio Calcagno, e “Un appunto confuciano per padre Vath”, il cappellano cattolico del capo d’internamento militare di Pisa, che gli aveva dato in lettura il “Catholic Prayer Book” d’ordinanza”. Qui Pound sintetizza con chiarezza il suo catto-confuciansimo.
Andrea Colombo, Il Dio di Ezra Pound, Edizioni Ares pp. 168 € 14
mercoledì 25 gennaio 2012
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