Cerca nel blog

venerdì 27 gennaio 2012

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (115)

Giuseppe Leuzzi

Sky proietta “Qualunquemente”, il film di un anno fa con cui il comico Abanese, di Olginate in provincia di Lecco, trasporta il suo affarista Cetto La Qualunque in Calabria, lo fa diventare latitante e assassino, autore delle più efferate deturpazioni ambientali, nonché evasore totale, poligamo, spergiuro e stupido, e per questo sindaco del suo paese. Sky fa pagare agli abbonati anche gli ultimissimi nomi in coda alla pellicola, e si scopre così che “Qualunquemente” è finanziato dalla Rai, e dalla Calabria, anzi dalla Calabria Film Commission. Senza tangente?

Uno che parlò male di Garibaldi ci fu: il militare repubblicano Carlo Pisacane. Che doveva comandare la difesa di Roma e restò esterrefatto dalle improvvisazioni e le vanaglorie del futuro generalissimo. Lo scrisse in “La guerra combattuta in Italia nel 1848-1949”, e pubblicò la critica, in Svizzera, nel 1951.
Anche la principessa di Belgiojoso trovò che i triumviri a Roma faceva “minchionerie molte e varie”, come scrisse ai suoi corrispondenti. Roma le sembra la Cina: “Il popolo è lasciato allo scuro di tutto, al che si rassegna… Incapacità, stoltezza, debolezza e vanagloria furente, ecco ciò che regna in Roma”

Spulciando i bollettini di guerra per ricostruire i fatti della Brigata Catanzaro nella Grande Guerra, se ne trovano molti di questo contenuto, di quello del 25 agosto 1917: “Sul Carso la lotta perdura intorno alle posizioni da noi conquistate, che il nemico tenta invano di ritoglierci. Negl’incessanti combattimenti si distinsero per arditezza e tenacia le Brigate Salerno (89° - 90°), Catanzaro (141° -142°) e Murge (259° e 260°)”. I padani erano in licenza?

Ponente ha il Sud, e scirocco o levante, mai la tramontana. Per questo le idee non sono chiare?

Calabria
“La canzone di gesta “Aspromonte” propone il progetto storico, politico ed insieme geopolitico, dei Carolingi prima e dei Normanni poi, dell’unità storica e geopolitica dell’Europa”, argomenta su “Calabria Sconosciuta”, n.132 Carmelina Sicari che ne è studiosa – l’unica. Niente di meno. Ma non senza argomenti.

Corrado Tumiati, ufficiale medico nella Grande Guerra in forza alla terza Armata, di cui si pubblica “Zaino di sanità”, raccolta di racconti, ha tra i personaggi il muratore poeta calabrese Esco Silvestri, caporale nel 142mo Reggimento Fanteria – che col 141mo costituiva la Brigata Catanzaro. È il suo compagno migliore, brillante e pratico.
La raccolta di Tumiati ha due racconti a soggetto calabrese. Uno, “Errori”, ricorda la rivolta della Brigata Catanzaro, la notte fra il 15 e il 16 luglio, a Santa Maria La Loggia. Mentre veniva predisposta per l’XIma battaglia carsica dell’Isonzo, detta di Bainsizza (la XIIma sarà detta di Caporetto). Dopo che ininterrottamente per due anni aveva partecipato alle dieci precedenti. A Castelnuovo, Bosco Cappuccio, Oslavia, sul monte Mosciagh, durissimo, sul Cengio, sul San Michele, a Nad Logen, a Nova Vas, sul Nad Bregom e a Hudi Log. Non per punizione, anzi con grandi elogi e medaglie al merito. Dopo Caporetto la Brigata Catanzaro combatté sul Pria Forà, in Val d'Astico e in Val d'Astico e in Val Posina. Sempre con impegno, e anche con successo: un mese dopo la rivolta la Brigata Catanzaro veniva nuovamente elogiata.

I Ruffo di Calabria, cioè di Scilla, e i Ruffo di Bagnara, quelli del cardinale sanfedista, furono eminenti collezionisti d’arte nel Sei-Settecento. Di raccolte soprattutto di quadri, di qualità, disperse senza traccia nell’Ottocento per via dei terremoti, delle necessità familiari, e del carsismo della storia. La cosa è ora ignota, come le storie di altre grandi famiglie della regione, i Carafa, i Sanseverino.
Non che le cose non si sappiano. Ferdinando Ruffo trae affascinanti tracce da una rapida “consultazione dell’imponente documentazione della famiglia, conservata all’Archiviio Storico di Napoli, e di quella affidata al Sistema Bibliotecario Telematico di Bovalino”. Don Antonio Ruffo di Bagnara principe di Scaletta – sposato in Sicilia e in certo modo nell’isola adottato – fu committente tra gli altri di Rembrandt e Artemisia Gentileschi. Della quale fu pure “protettore negli ultimi e difficili anni di vita”. Nonché collezionista ricercato di Rubens, Breugel, Mattia Preti, Pussin, Borgonone, Salvator Rosa. Il cardinale Tommaso, sempre del ramo di Bagnara, zio del cardinale sanfedista Fabrizio, fu committente appassionata tra Ferrara e Ravenna, legato da stretto rapporto di amicizia con Vivaldi.
I Ruffo di Calabria lasciarono a Scilla una collezione di oltre 1.500 tele. Con opere di Rafaello, Tiziano, Veronese, Tintoretto, Rubens, Guido Reni, Mattia Preti, Luca Giordano, Orazio Gentileschi. La collezione fu avviata tra il Sei e il Settecento dal principe Tiberio. O così è da arguire, poiché non si ha documentazione del suo avvio, mentre il lascito di Tiberio al figlio Guglielmo è dettagliato. Tiberio lasciava 650 tele. Alla morte di Guglielmo, nel 1748, la collezione era salita a 1.500 tele.

C’erano in Calabria quattro teatri d’opera a metà Ottocento. Quello di Catanzaro aveva una stagione di otto mesi, con dieci rappresentazioni. Nel 1845 mise in scena Donizetti, Pacini, Paisiello e Verdi, tra gli altri.
C’era alla stessa epoca un Collegio universitario Italo Greco a San Demetrio Corone.

Quando Giuseppe Musolino fu processato la seconda volta, a Lucca, dopo che era diventato il “Brigante Musolino” universalmente famoso (vendette alcune sue poesie al “Correre della sera”, Pascoli poetò la sua cattura), il perito psichiatrico si diffuse sulla inferiorità etnica dei calabresi in genere.
Lui si difese con questi argomenti: “Eppoi, vedete, io non sono calabrese, ma di sangue nobile di un principe di Francia”.
Nicola Misasi, scrittore calabrese, sul “Corriere di Napoli” lo disse “un volgarissimo birbante sudicio e puzzolente, ... un assassino feroce, rozzo, senza nessuna educazione, che a mala pena sa scombiccherare qualche lettera mezza in italiano e mezza in dialetto di spropositi”.

C’è anche la categoria “entusiasmo di calabrese”. Ricorre nei ricordi di Gianfranco Contini, premessi al “Baudelaire” di Giovanni Macchia: negli anni 1930 il dr. Cosco, funzionario ministeriale, assolveva “con entusiasmo di calabrese” all’assegnazione delle borse di studio all’estero.

Un discorso non vi è mai preciso, né compiuto. Prevale la fuga (riserbo, complessità, assolutizzazione) adolescenziale. L’indefinitezza (il rinvio) per l’eccessivo impegno. Inconcludente.

Le famiglie Licastro e Alvaro sono impegnate a Palmi, a luglio, in una strenua lotta pe l’onore delle figlie. Una delle quali ha avuto alla maturità un voto più alto dell’altra. Da qui ricorsi, invalidazioni e quant’altro. I capifamiglia sono infatti le massime autorità del locale foro penale. Dove trattano quotidianamente affari di mafia e sangue, a volte truculenti. Sublime leggerezza?

Democrazia come governo dei nullatenenti, quale che sia il loro numero. È l’ultima definizione di democrazia che Aristotele dà negli otto libri della “Politica”, ed è la ragione per cui finisce per criticarla. In piccolo, è quello che succede nella regione dagli anni 1960, da quando si è assorbita la novità, e il potenziale, del suffragio universale.

Cortina si è scandalizzata per essere stata perquisita dagli agenti del fisco a Capodanno. Ma su questo abbiamo la priorità. L’incursione era stata provata a Palmi, anche se lì la stagione dura solo due settimane a Ferragosto, e per lo più sulla spiaggia libera, con gran consumo, sì, ma di caffè e ghiaccioli:

Nessun commento: