“Il Messaggero” ha incassato, il partito di Caltagirone no. Il giorno dopo il no di Monti all’Olimpiade a Roma, immobiliaristi, costruttori e tutto il generone romano è in armi contro Caltagirone. Che per conto suo sta facendo il conto dei mancati introiti. Mentre il partito del genero Casini rischia di scomparire se il no verrà letto come uno sberleffo milanese a Roma: l’Udc, che si accredita come ispiratrice e regista di Monti, sopravvive col voto di Roma e della Sicilia – dove è già a rischio per inchieste e condanne.
È stato un martedì nero, all’improvviso tutto il castello sembra crollare nel partito del costruttore romano. Anche per il nuovo asse Pd-Lega sulla riduzione immediata dei parlamentari, una riforma costituzionale cui il Pdl, si sospetta, non mancherà di allinearsi. Ma il dispetto è soprattutto forte verso Monti, che dopo aver annunciato il no all’Olimpiade, e cioè a 10 miliardi di investimenti a Roma e nelle periefrie, è andato al Tg 24 di Sky per annunciare che le entrate sono soddisfacenti, al punto che forse non aumenterà l’Iva – una sorta di schiaffo doppio. Che coglie Caltagirone di sorpresa , in gergo calcistico in contropiede: il costruttore aveva appena ripreso l’avvicinamento a Milano, dopo quello fallito dieci anni fa su Rcs-Corriere della sera, spostando l’investimento da Mps su Unicredit, al costo di grosse perdite.
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