astolfo
Disoccupazione – Quella vera è, con l’inoccupazione, quella di lunga durata. Di essa l’Italia detiene il record mondiale: chi perde il posto non lavora più. Coperta fino ad ora dai prepensionamenti e delle pensioni di anzianità, adesso non più.
Dell’inoccupazione – la difficoltà a cominciare a lavorare – l’Italia non ha il record. Ma l’inoccupazione sommata al precariato, che copre i primi dieci-dodici anni di lavoro, probabilmente sanciscono il record dell’incertezza.
Insicurezza – Mercato e precarietà contro fondamentalismi, immigrazioni: la prospettiva è rovesciata. I ricchi e potenti si sentono minacciati.
Islam – Gesù, Cristo, i vangeli sono parte eminente delle scritture-vulgata dell’islam, non Maometto per i cristiani.
Italia - La “Commedia” è il poema dell’Italia - non è comune, non ci sono altri casi.
In parallelo con la crisi c’è una straordinaria fioritura da vent’anni di testi sull’italianità. Per primi, dopo la crisi del 1992, storici e critici di grande spessore: Ernesto Galli della Loggia, Remo Bodei, Pietro Citati, Antonio Gambino, Paul Ginsborg, Alberto Arbasino. Tutti malevoli, fino allo sberleffo. Galli della Loggia, interrogandosi sul perché “i pur ragguardevolissimi traguardi” dell'Italia contemporanea siano “perlopiù descritti come fragili e inconsistenti, al limite negatori della vera identità italiana”, trova che all’origine sono “sopratutto gli intellettuali letterati, estranei per formazione alla prospettiva della modernità, e anzi suoi critici”. L’ideologia del declino è l’“effetto dell’egemonia degli intellettuali letterati sul discorso storico-politico italiano”. È un vezzo, dunque. Già Dante vedeva l’Italia marcia e dissolta, ben prima che nascesse. E forse è un tic.
La lettura apocalittica è agevolmente rovesciabile. Italiani sono parecchi modelli oggi nel mondo: la microorganizzazione aziendale, la flessibilità, l'università (sì, la preparazione dei famigerati laureati), la dietetica, la pedagogia, e l’effimero nicoliniano, o revivificazione estetica delle città. Modelli anche in negativo: dal democraticismo, con tutte le sue insulsaggini, alla criminalità organizzata, ma vivi. E sarebbe un percorso più congruo. Perché l’identità è quello che diceva Croce: “Qual è il carattere di un popolo? La sua storia, tutta la sua storia, nient’altro che la sua storia”. Ma l'Italia si sente lo stesso male, e anche questo fa parte della storia.
Galli della Loggia correggeva in parte il suo recente “La morte della Patria” in una nuova edizione, e apriva con “L’identità italiana” una collana del Mulino da lui diretta, impostandola su una trentina di temi. In una delle accensioni di questo saggio, Galli della Loggia spiegava il “moralismo disintegratore” degli “intellettuali letterati” col fatto che non possiamo non dirci cattolici. Da Dante in poi il pessimismo gira attorno all'invadenza della Chiesa. Ma, notava, “la sistematica commistione di politica e morale, di politica e «carattere» è proprio ciò che essa (la Chiesa) fa abitualmente, così come vuole la sua natura, terrena e spirituale insieme”. Se laica, “la cultura in Italia si organizza e pensa come antichiesa”. E in conclusione egli stesso, benché storico, dava ragione agli “intellettuali letterati”, a motivo del loro successo nell’opinione.
Meglio di tutti era il letterato Arbasino a entrare, con “Paesaggi italiani con zombi”, nella realtà. Non era nuovo, Arbasino, per formazione e per curiosità, a dire le cose: era stato il social scientist degli anni del terrorismo. Vent’anni fa, antropologo in casa, registrava e decifrava spezzoni di comportamenti e di linguaggi con il disagio che si ha per culture estranee. Ma presentando estratti tragicamente limpidi delle ultime lettere di Aldo Moro - e un raffronto ancora più scandaloso tra l’ultima lettera di Moro (“il mio sangue ricadrà su di voi, sul Partito, sul Paese”) e l'ultima lettera di Maria Antonietta di Francia. Moro, tra l’altro, dimentica di maledire i suoi assassini, chiosava Arbasino. E ricordava che nemmeno vent’anni erano passati da quando “il papa si metteva in ginocchio davanti alle Brigate Rosse“. Inatteso luogo di umanità molliccia trovava poi lo scrittore nella sua Milano, nel viaggio di ritorno intitolato “Stagioni morte”, che è parte dei “Paesaggi italiani”.
Per stare alla storia è bene ricordare che il disagio è recente. “L’Italiano” di Giulio Bollati, concepito nel clima degli anni Sessanta, era ancora opera equilibrata di storico, benché di formazione letteraria. La demoralizzazione aveva avuto un preannuncio una dozzina d’anni prima chiusa la gloriosa stagione del terrorismo, con Carlo Tullio Altan e l’editore Feltrinelli, e debordava con la “rivoluzione italiana”. “La nostra Italia” dell’antropologo culturale Tullio Altan era fatta di “arretratezza socioculturale, clientelismo, trasformismo e ribellismo”. Da allora la ”rivoluzione italiana” ha portato a galla molti detriti, come ogni alluvione. Ma è alluvione di acqua sporca. C’è una causa reale della debolezza italiana, concludeva Galli della Loggia, ed è la superfetazione della politica, ingombrante, eccessiva, che ha svilito e svilisce lo Stato. Si può aggiungere tranquillamente che la cattiva politica è molto più ingombrante con la “rivoluzione”. Non è arduo far sentire gli sconfitti, o i semplici perdenti, colpevoli oggi in epoca di denunce infamanti e di autodenunce assolutorie: gli Italiani del Sud tutti mafiosi, ladri i politici di professione di maxweberiana memoria, belli-e-buoni solo i giudici e i carabinieri. Ma dopo questo diluvio sono perdenti anche i vincitori, quelli che Occhetto, Orlando e Bossi organizzavano con le monetine e i fax, che imboviti non vanno più nemmeno a votare.
Oriente – La primavera araba, come la storia recente del mondo islamico dopo Nasser, è una sorta di precessione della democrazia, le masse dilagando a occupare la politica prima di ogni Bildung, la stessa tradizione essendo indebolita sradicata. Portate a galla dalla guerra e dall’Occidente. Che il mondo, e per primo il loro mondo, spazzano via di poesia e saggezza, di virtù e bellezza, e dello stesso di Dio, che si riducono a brandire come una clava, armate di sporcizia e rozzezza, marionette di ras e raìs, tribù e affaristi, e mullah del maligno.
Questo Oriente, l’Oiente contemporaneo, è quello occidentale. Strappato alla tradizione, durata solida fino al Cinquecento, storica, filosofica, politica, e ad essa ormai avulso, che arranca nella modernizzazione, prolifico, confuso, miserabile.
Quello metafisico è invenzione di Francesco Saverio. Ben consistente all’epoca ma ora, da due secoli ormai, inesistente. Se non in funzione antioccidentale, una reazione all’inizio degli stessi occidentali. L’Oriente è creazione dell’Occidente, l’Occidente pure, e così tutto ciò che è anti, imperialista, europeo, occidentale.
Opinione - Basta poco a cambiarla. È un preconcetto metodologico che la mentalità sia il processo più lento, di vischiosità superiore alla demografia, alla salute, all’economia, insensibile agli eventi. Ha invece accensioni fulminee, per eventi perfino banali. La vittoria della Francia “tricolore e multicolore“ al Mondiale di calcio ha svelenito il razzismo francese di ritorno. Analogo effetto ebbe in Italia la vittoria del 1982 al Mondiale di Spagna: per qualche settimana le città furono più ordinate, e l'ottimismo si riverberò proficuamente sugli anni successivi.
Ricchezza – L’Italia è anche il paese che ha la maggiore area di maggior benessere in tutta la Ue: il blocco Emilia-Romagna, Triveneto, Lombardia, a la Valle di Aosta. Cui fa seguito una fascia, Lazio, Toscana, Liguria e Piemonte, 15 milioni di persone, al secondo miglior livello. La Padania, con 20 milioni di persone, pareggia il conto delle aree altrettanto ricche in tutto il resto d'Europa.
Sinistra-destra – Carlo Galli ne rovescia la tradizionale identificazione, per l’ordine e per la rivoluzione: la sinistra è ora per l’ordine, la destra per il disordine, o “indeterminatezza”. È questo, anche, il modello culturale oggi dominante. “La storia è schiacciata sul personale, il mondo (presente) è una giungla – mercato e precarietà contro fondamentalismi, immigrazioni – da cui bisogna ed è lecito difendersi con tutti i mezzi”. Inefficaci le vecchie distinzioni, libertà contro autorità, progresso contro tradizione, collettività contro individuo, e uguaglianza contro individualismo: ci sono destre destre libertarie e sinistre autoritarie, dice il filosofo, destre comunitarie e sinistre liberali.
astolfo@antiit.eu
giovedì 9 febbraio 2012
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