Alla fine ci perdono tutti, Électricité de France, le milanesi, e la gloriosa Edison, la più antica società italiana fra quelle quotate in Borsa, ma più di tutti ci perde “Milano”, l’immagine che la città vuole dare di sé. Con un’operazione di sottopolitica da brivido.
Edf si arrende, dopo una guerra di trincea di dieci anni, con una minusvalenza di 600 milioni sulle centrali che Edison aveva a suo tempo rilevate da Enel e ora passano a A2A, l’azienda pubblica milanese. A2A si prende con le centrali un debito di 1,1 miliardi, e una difficile gestione. Edison rimane un qualsiasi (piccolo) grossista di gas.
Edf era sbarcata a Milano per creare un grande polo elettrico, forte del monopolio in patria, tecnico più che economico, un’azienda “tutto nucleare”, con un costo medio del kWh dimezzato rispetto a quello italiano. Ma non aveva calcolato la politica milanese, di provincia e comune, che le hanno creato ostacoli a non finire, col cappello in più occasioni del ministro dell’Economia paraleghista Tremonti. Una vicenda che, in altro luogo, avrebbe comportato più di un procedimento per corruzione, soprattutto nei rapporti tra gli enti locali milanesi. Edf si dice ora soddisfatta dell’accorso, ma in questo quadro.
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