Capaldo l’aveva annunciata un anno fa, il 26 gennaio 2011, sul “Corriere della sera”. Dopo quella sulle pensioni, e in attesa delle riforma del lavoro, la vera dura stangata di Monti arriverà con l’immobiliare: la moltiplicazione dell’Ici e il quasi raddoppio delle rendite catastali. Di che prosciugare la residua liquidità che in qualche modo tiene in vita la domanda. Ma una scelta che viene da lontano: nel dibattito un anno sulla patrimoniale, la finanza cattolica si era segnalata con la proposta di trasferire un terzo almeno del debito pubblico ai privati cittadini tassando la casa.
“Penso ad una sorta di «privatizzazione» del debito”, aveva detto Capaldo: “Se è vero, infatti, che il debito pubblico è, in ultima istanza, un debito di noi cittadini tanto vale accollarcelo, almeno in parte direttamente, alleggerendo in corrispondenza lo Stato”. Una “medicina molto amara” che però renderebbe “possibile” la guarigione. “La ripartizione si potrebbe fare in base al valore corrente del patrimonio immobiliare, dando rilievo all’epoca in cui i beni sono entrati nella disponibilità dell’attuale titolare…. Secondo dati attendibili, il debito pubblico è pari grosso modo al 25 per cento del patrimonio immobiliare italiano espresso in valori correnti. Ne deriva che per dimezzare il debito pubblico occorrerebbe che su ogni immobile venisse trasferito mediamente un debito pari al 12,5 per cento del suo valore corrente. Dico «mediamente», perché in concreto la quota trasferita su ogni immobile dipende - tra l' altro – dall’anno d’acquisto e dalla posizione soggettiva del titolare. Sulle modalità di ripartizione, fermo l’obiettivo, va lasciato, per ovvie ragioni, ampio spazio alla politica, intesa nel senso nobile della parola. È probabile comunque che la quota oscilli tra il 5 per cento e il 20 per cento del valore corrente dei singoli cespiti”.
Detto fatto: Monti è la “politica nobile” per antonomasia e ha introdotto un prelievo costante, cioè ripetibile all’infinito, del 20 per cento del valore corrente dei singoli cespiti - non la patrimoniale, molto peggio. Una scelta sostenuta da tempo dall’università del Sacro cuore e da Banca Intesa, ampiamente rappresentate nel governo con qualche laico di complemento. Pellegrino Capaldo insegna alla Sapienza, ma si è segnalato in passato per incarichi pubblici di fiducia durante l’era De Mita della Dc.
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