mercoledì 22 febbraio 2012

La prima recessione dell’Italia unita

Non fa titolo e non fa testo, ma l’Italia è in recessione per la prima volta nella storia della Repubblica. Da sola cioè, e in controtendenza sull’economia mondiale. Neppure negli anni infausti 2002 e 2003, dopo l’11 settembre, l’economia era andata in rosso. Neppure nel 1992, dopo il crack della lira, e il milione e passa di posti di lavoro tagliati. Ci sono due precedenti, nel 2008 e nel 2009, ma sono dovuti al crack occidentale, così come nel 1930-31.
L’Italia va in recessione anche nel modo peggiore. Con un aggravio molto forte della tasse, dirette e indirette (Irpef, Ici o Imu, Tarsu, Iva), con un aumento inflazionistico dei prezzi, con una ulteriore compressione del reddito spendibile, da lavoro o da pensione. L’inflazione non è rilevata dall’Istat perché gli indici sono addomesticati. Anche sfrontatamente: come si può dire che in un anno i carburanti sono aumentati del 4 per cento?. Ma tutti sanno che è del 15-20 per cento sui consumi di energia (benzina, gas, elettricità), e del 20-25 per cento sui prodotti agricoli.
La recessione può essere peggiore anche perché non sembra ce ne sia la percezione. Non solo nei media, superficiali ormai per definizione: Napolitano ride in Sardegna quando i disoccupati gli urlano contro, Monti, che sa di che si tratta, ne parla, di rado, atono come di ogni altro argomento. Recessione vuol dire disoccupazione, senza alternative, e povertà di ritorno. È – è sempre stata – prodroma di imbarbarimento. Sarà un forte test per l’Italia, anche del Nord questa volta, non solo per il Sud: specie del Lombardo-Veneto legato all’industria tedesca.

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