“Bestiale” è ciò che non vorremmo, e tuttavia, fa rilevare Dionigi nel saggio centrale di questa raccolta, i re nella favolistica europea vengono allevati dagli animali. L’insigne latinista fa qui un excursus sulle fonti greche: in tutta la classicità gli animali simboleggiano le qualità e i vizi dell’uomo, il toro naturalmente, il lupo, il leone, l’aquila, la colomba, e il gregge, il cane, il corvo, il serpente, i porci (fino a Orwell). Un excursus nella letteratura che Eco, sempre “facile” (leggibile, sorprendente) corrobora con uno nella filosofia: più spesso che no gli animali hanno per i filosofi un’anima. E anzi un abbozzo di evoluzionismo si deve, tra Sei e Settecento, a tre religiosi, due gesuiti e un protestante, Pardies, Bougeant e Boullier. Ma già l’antichità, nota Dionigi, era per la continuità, Democrito prima di Lucrezio, che la tecnica fa derivare dagli animali: “Gli uomini per le scoperte più importanti sono stati a scuola dagli animali: i ragni nel tessere e nel rammendare, le rondini nella costruzione, gli uccelli canori nel canto”. Con Enzo Bianchi Darwin è già, ampiamente, nella Bibbia.
Un godimento per gli amici degli animali e un punto fermo nell’animalismo che ci sovrasta – l’uomo Dionigi vuole d’acchito “il più furbo e il più fragile di tutti gli animali”. Si parla degli animali per parlare dell’uomo. Per la nuova concezione “creaturale”, se non già “neo creaturale” dell’universo – Bianchi la dice “co-creaturalità tra uomo, animali, piante e cose”. Danilo Mainardi, che è etologo e quindi gli animali li frequenta dal vivo, dice che l’antropomorfismo degli animali è totalmente irrispettoso degli animali stessi.
Ivano Dionigi, a cura di, Animalia, Bur, pp. 159 € 9,90
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