Il volume, ricostruzioni della scena d’allora e commenti d’epoca delle migliori penne, si vuole celebrativo, ma finisce per ampliare i dubbi sul significato storico (politico) di Mani Pulite. Sia negli effetti. Sul diritto: Ainis dice Mani Pulite “una sagra”, con abuso, della leva penale, “tanto da sommergerci con 35 mila fattispecie di reato”, mentre gli avvocati sono descritti colpevolmente impegnati a far confessare qualcosa ai clienti, per la benevolenza dei giudici. Su Milano: Aldo Bonomi si smarrisce su Milano allora e oggi, col giustizialismo, i capestri, Bossi e tutto, a meno che non se ne senta gravato. Sia sui presupposti. In particolare, qui, sulla funzione della stampa accanto a quella già controversa dei giudici.
Goffredo Buccini, che dei giudici non nasconde niente, si dice testimone di “grida di giubilo in sala stampa quando arrivò la notizia che a Craxi era stato consegnato il primo avviso di reato”. Ma di suo, avendo procacciato al giornale l’anteprima del famoso avviso di reato, poi finito nel nulla, che fece cadere il primo governo Berlusconi nell’ottobre del 1994, assicura che non dirà mai la sua fonte: non gli viene il sospetto che sia stato strumentalizzato (il suo giornale lo è stato fin dai tempi di piazza Fontana)? Mentre il colpevolista Ferrarella produce una statistica di cui non sembra valutare la gravità: che solo due su cinque perseguiti risultò colpevole (e ancora: non dice che molti, la metà?, di quei due, condannati in una qualche stazione penale, furono alla fine assolti).
C’è anche integrale la lettera che Moroni inviò a Napolitano, in qualità di presidente della Camera, senza risposta, prima del suicidio, nella quale si dice vittima di un “processo “sommario e violento”, e di una “decimazione” – come le facevano gli hitleriani. Mancano i pronunciamentos dei giudici, ma quelli non li difendono nemmeno i giudici, qualcuno anzi comincia a pentirsi.
1992-2012 Mani Pulite. L’inchiesta che ha cambiato l’Italia. Le parole, Corriere della sera, pp. 264 € 9,90
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