domenica 5 febbraio 2012

Secondi pensieri - (90)

zeulig

Anima – È l’esistenza, il riflesso della morte nel mutevole. E un giudizio costante, una scelta e un adattamento.
È un riflesso, attivo e passivo, e non un timone tra i vizi e le virtù.

Confessione – A proposito dei “Ricordi dal sottosuolo” di Dostoevskij (“Conversazioni annotate da Oets K. Bouswsma”), all’osservazione che nella prima parte l’autore scrive di sé, Wittgenstein osserva: “Nessuna descrizione di sé può reggere di fronte al suo (dell’autore) atteggiamento verso di essa”. L’autore forse si diverte, forse no, ma non fa verità. “Nessuno è in grado di scrivere obiettivamente di sé”, anche se ci fosse “un buon motivo” per farlo: “I motivi cambiano mentre si scrive. E le cose si complicano perché più si tende a essere «oggettivi» più ci si accorge degli svariati motivi che entrano in gioco”.
Le confessioni dei filosofi, diversamente da quelle dei letterati, hanno un percorso diverso? Impossibile.

Corpo – Del nudo classico che l’Occidente ha ereditato quello maschile è nell’arte il Cristo in croce. Più i san Sebastiani - è questo che fa la superiorità evidente delle mistiche sui mistici?

“I corpi sono fatti di cose incorporee: «ex rebus incorporalibus corpora nascuntur”: essi nascono, dice energicamente Eriugena, «ex intelligibilium coitu”»(Etienne Gilson, “La filosofia nel Medioevo”, al capitolo su Giovanni Scoto Eriugena, p. 247). In altro passo, lo stesso Scoto Eriugena, il monaco irlandese del secolo nono, ha “Sacrum, sacrum, inluminatio coitu” (cit. da Pound al Canto XXXVI).

Il corpo, nel famoso libro-atlante di Desmond Morris, è un mucchietto di ossa, 208 fra piccole e grandi, in tutto dieci-dodici chili, tanti muscoli, oltre seicento, e carnaccia grassa. Il cervello si programma, il cuore fa il lavoro di una pompa che portasse nel corso di una vita una tonnellata di sangue a 250 chilometri d’altezza, i polmoni pompano quattordici metri cubi d’aria al giorno, il sistema di scarico filtra duecento litri di fluidi, al giorno, il sistema di aerazione ha due-tre milioni di ghiandole sudorifere. Ma il tutto è un miscuglio povero, d’idrogeno, ossigeno e carbonio, un gas, ora acqua ora aria o polvere.
Ma su questo ammasso, che non ha neanche buon odore, si è costruito l’immaginario più grande, la vita, l’arte. Il corpo è il più grande sistema espressivo, o rapporto fra cosa e immagine.

Il corpo è più di quanto dice Morris, la prova è che in un miliardo di corpi non uno è uguale allo altro. Per essere l’involucro della vita. E per il potere salvifico della concupiscenza. È una forma della grazia, la God’s plenty di Dryden, dovizia divina. La “bontà di Dio” di Blake, “tutte le gioie” di Donne, che il corpo vede “pensoso”. È “il cielo” di Novalis, la poesia di Aristotele, “perfetto organismo vivente”. E per la stessa chiesa non è “l’anima la forma del corpo”? Anche se la cosa è controversa per le donne. I greci, che così bene figurarono il corpo, meglio se di donna, la donna privavano di anima.
Bataille dice di no, partendo dall’ovvio: “Nessun dubbio che lo atto sessuale è brutto, l’essenza dell’erotismo è la sozzura”. E dall’ineluttabile amore-morte, il coito assassino: dell’altro nella pornografia, di sé e dell’altro nell’erotismo, che la contemporaneità scambia per amore. Nessun dubbio, l’atto in sé induce stanchezza e disgusto, dice Paulhan giustamente a Sade. Ma la fine psicologia trascura la fenice, il mito più amato, la resurrezione costante, dell’anima col corpo.
Nietzsche, di tutto maestro, lo sa: “L’anima fa il suo corpo, e il corpo, per chi sa vederlo, la rivela”. Tertulliano, che per essere padre, sia pure della chiesa, ne sa di più, non dice il corpo “coerede dell’anima”, nella creazione e la perdizione? E l’amore, che si fa col corpo, “un dolce distillamento dell’anima”. Né si può obiettare, per il vero cristiano il corpo è tutto, Gesù stesso è venuto in veste di guaritore, itinerante: guariva lo spirito guarendo il corpo. L’anima, direbbe Cvetaeva, “per l’uomo spirituale è quasi carne”.
Si guardi Tina Modotti nuda nelle foto di Weston: giganteggia, per la luce, la grana, i vuoti, i pieni, mentre arrivava sì e no al metro e mezzo. Il corpo ha la sua vita.

Enigma – Non vuole essere sciolto. “L’enigma è perfetto soltanto \ se dietro si staglia altro velo” (Abū Nuwās). S’impone quando la filosofia arriva a marcare la ragione, per esplicitarla e delimitarla – la ragione si compiace dell’enigma (senza, è anche sterile).

Identità - Domenica il “Sole 24 ore” fa un ampio articolo su una serie regionale dell’editore Neri Pozza: “I Napoletani”, “I Torinesi”, “I Siciliani”,, le “identità locali”. Dopo aver riprodotto, nella prima pagina dello stesso supplemento culturale, la novella di Sercambi “Ganfo il pellicciaio”. Sul pellicciaio che ai Bagni di Lucca, nudo nell’acqua, teme di non identificarsi più, e si contrassegna con una croce di paglia. E quando la croce di paglia si posa sulla spalla di un altro bagnante, risolve la questione così: “Allora, tu sei me e io sono te” (nella “traduzione” di Gianni Celati). Morale della favola?

Internet – Segna l’età dell’indiscrezione, irrilevante. Dell’irrilevanza sociale, dell’indifferenza al livello più basso. Nell’esibizionismo, la sessualità pornificata, la schedatura commerciale, tra gossip e shopping, le parole chiave di un’epoca ormai lunga. Nell’ugualitarismo amorfo.
È la moderna “fattoria degli animali”. Meno per i pochi “più uguali degli altri” (Microsoft, Google, Facebook), più per l’indifferenza – livellamento, inespressività, insulsaggine, solitudine estrema (frammentaria).

Male – “Il rimedio è nel male”, dice Starobinski di Boccaccio (o altro autore). Non è proprio così (Boccaccio, per esempio. era uomo pio e di bene), ma è un’idea: se male e bene s’intrecciano, anche il bene può essere nel male. Che non è nemmeno una novità (verità), ma non se ne tiene conto.

Tempo - È la vita, anche nell’inerzia. È occasione, e azione. Concentrato su questo, anche nell’ozio.
E non è sterile: è formativo, nel gioco comparatistico della memoria e dell’anticipazione – nelle forme magari volitive, delle nostalgie, e dei desideri. È la dimensione della pedagogia (storia), ed è la pedagogia.

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