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Creaturalità - È il vecchio nichilismo. Cristiano, e anzi edificante.
È il concetto che Auerbach, analizzando il realismo nella letteratura del Medio Evo, fa emergere in contrapposizione con Dante e Rabelais. Creaturalità è la destinazione dell’uomo a larva, un mucchio di ossa con la pelle, nell’attesa della morte e della redenzione. Un concetto molto egualitario della condizione umana, ma Auerbach nota che esso si accompagna con l’acquiescenza all’ordine e alle gerarchie sociali.
A essa fanno eccezione Dante, per il quale le azioni umane sono sostantive, tardo e neo classicista. E Rabelais, del quale è stata argomentata la miscredenza, ma in contrapposizione alla concezione “creaturale” dell’umanità, al nichilismo.
Dio – È un’illustrazione, per i pochi.
Uno specchio, o troppo splendente o troppo opaco, per i pochi.
È un gioco di pazienza, richiede molta applicazione.
Evoluzione – L’evoluzionismo è antico, si trova in tutti i testi della tradizione, nella Bibbia come in Omero, Esiodo, Virgilio, etc. Con limiti, nella specificità dell’uomo.
Si dice: Copernico, togliendo la Terra dal centro dell’universo, distrugge la teoria antropocentrica. Ma se, al posto di Copernico, si mette Galileo, l’universo resta ben antropocentrico, in quanto l’uomo è letterato, padroneggia il linguaggio. Lo stesso Darwin, di cui si dice che toglie l’uomo dal centro del mondo vivente, come potrebbe, se l’uomo è Darwin stesso?
Libertà – È sociale.
Non ce ne sarà mai stata tanto poca quanto oggi che è onnipervasiva e incontenibile. Di riunione, di opinione, di voto, e soprattutto di espressione, con le tante finestre libere della Rete. Anche l’organizzazione economica e sociale appare improntata alla massima libertà, col mercato che s’intende il luogo di tutti e di ognuno. E con la microsocialità e la stessa psicologia sintonizzate sul massimo di libertà, microcosmica, e sul minimo o l’inesistenza di condizionamenti, culturali, nazionali, familiari, scolastici, pedagogici in genere. Mentre si realizza in ogni occasione, privata e pubblica, piccola e grande, dal mutuo agli affetti, e alle scelte di lavoro e di vita, di guerra o normativa (legislativa), o anche di semplice dibattito delle idee, l’irrilevanza del singolo e di ognuno. È l’irrilevanza dell’atomo che non entri in molecole o reticoli complessi. Che in fisica non è possibile ma nella società sì. Non materialmente, l’atomizzazione sociale non è possibile, ma mentalmente sì. Ed è la condizione della sudditanza, della “moderna schiavitù”: essere servi felici, ritenendosi realizzati”.
Dire la socialità oggi confinata all’irrilevanza non è vero: è confinata al gossip (giustizia, informazione) e allo shopping, che sono rilevanti, ma per gli interessi di altri, e non del soggetto.
Morte – È non essere nati.
Dopo una vita, comunque vissuta, è la chiusura di una parentesi: il detto o scritto rimane. Chi ha vissuto sopravvive, comunque.
Politica – Si manifesta in absentia, oggi che non esiste in nessuna forma, né etica (di principi), né sociale (democratica, popolare, oligarchica), e nemmeno avventurosa (eroica, regale, conquistatrice, imperialista), come un dato sociale e non individuale. “L’uomo è un animale politico” ma in quanto è socievole. Vive in gruppi e magari, come nell’ultimo millennio, in Stati, di città, di principati, di nazioni. La funzione politica è cancellata oggi che vince l’individualismo – che non è vero dal punto di vista effettivo, ma sì da quello dei propositi e dei programmi, della dottrina.
Storia – Impianta l’aspettativa di vita, il domani. Chi fosse nato integralmente oggi dovrebbe farsi bruco prima di cominciare, guardare le cose dal basso, e non è detto che ci riesca. “La storia è la soglia della quarta dimensione. Quella di domani” (Céline).
Verità – “E poi che non è dato sapere d’ebbrezza se non nell’ebbrezza, e non si svela il senso d’una manifestazione se non nella manifestazione medesima, e la notte è ignara di sole, e il raggio di sole non sa quanto sia nera la note, dissi questi versi: Io sono quell’ansia di vento che polvere leva e vi cerca se stessa,\ Là dov’è sosta nel viaggio ho creato una strada, e poi quella percorro”. Così recita il poeta indo-persiano Dībdil (1644-1721), “materialista mistico” (nell’antologia “Poesia dell’islam”). Dell’inutilità della conoscenza?
Poi conclude: “Sono quello che narra veridico immagini Sue nello specchio”. Sue di Lui. Questo è già più vero. Finché “l’idea (non) divenne scrittura, e la libertà ubriaca porse il capo al giogo del vincolo”. Che è un fatto.
zeulig@antiit.eu
giovedì 16 febbraio 2012
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