martedì 13 marzo 2012

Chi ha paura di Mani Pulite?

È stata la celebrazione meno sentita. Un’attesa montata, tanti preparativi, un fallimento: niente convegni, niente libri celebrativi, niente speciali. Niente tentativi di approccio storico. Si dice perché l’evento è recente, ma lo è meno del leghismo e del berlusconismo, sui quali invece tanti storici si esercitano. No, è che c’è un regime di opinione pubblica che prospera sulla giustizia politica, al quale non conviene sollevare il vaso di Pandora, tropi serpenti.
Mani Pulite non ha moralizzato la politica, ha solo distrutto alcuni partiti per favorirne altri. Si è detto nelle meste celebrazioni che non poteva moralizzare la politica, e invece avrebbe potuto. Avrebbe dovuto, come deve ogni magistratura inquirente: perseguire il crimine, tutto il crimine, senza favorire gli amici. La Mani Pulite di Milano ha arricchito gli avvocati, a partire dal famoso Lucibello, il sodale di Di Pietro. Ha premiato alcuni giudici con fulminee carriere politiche – Di Pietro dopo che aveva riconosciuto di avere preso in prestito cento milioni da un indagato che teneva in carcere, poi restituiti “in una scatola da scarpe” – cento milioni non c’entrano in una scatola da scarpe? La banca gli ha chiesto a che gli servivano cento milioni in contanti? Sembra di sognare…). Ha discriminato bassamente, a Milano e non solo. Tra i politici e tra gli imprenditori. Ne sono uscite indenni, anzi intonse, alcune delle più acclarate e sostanziose truffe, la Sme, la Rizzoli-Corriere della sera, la Milano-Serravalle, Parmalat quando si poteva evitare il crac. Perfino delle mazzette Montedison, ne furono indagate alcune e altre no.

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