Si sono contati dopo il voto e continuano a contarsi esterrefatti. Che sia potuto accadere, non credono ai propri occhi. Quelli dello sconfitto Bombassei, e anche quelli di Squinzi, il candidato vincente alla presidenza della Confindustria. Sorpresi di ritrovarsi di colpo un’organizzazione fiancheggiatrice, tornati indietro di quasi quarant’anni, alla ferra direzione generale Mattei, prima della presidenza dell’Avvocato Agnelli. Nonché soggiogata alla filiera energetica, da sempre (ex) democristiana. Dall’Autorità oper l’Energia ai maggiori gruppi di settore, Eni, Enel, Acea, A2A, e la Sorgenia di De Benedetti.
La sorpresa deriva dalla decisione all’ultimo minuto di Eni e Enel, decisiva per il peso elettorale dei due gruppi, a favore di Squinzi. Una decisione politica, anche contro gli interessi dei due gruppi, che Bombassei riteneva meglio rappresentati dalla sua piattaforma. E con lui gli stessi uomini azienda di Eni e Enel, Paolo Scaroni e Fulvio Conti. Il cambiamento repentino di Scaroni e Conti al momento del voto si imputa a un’indicazione venuta da Milano, dal partito neoguelfo di Giovanni Bazoli. Lo stesso che patrocina il governo Monti.
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