venerdì 2 marzo 2012

Dateci i libelli, il razzismo è meglio “vederlo”

Un’arringa in favore della pubblicazione di “Bagatelle”, l’opera razzista, la prima e la meno scomposta, di Céline nel 1937. Contro il paradosso: “I lettori di Céline devono accontentarsi della proibizione di leggere “Bagatelles”. Obbligatorio commentarlo, però”. Ma non paradossale. De Benedetti, studioso di Girard e della fenomenologia e simbologia del “capro espiatorio”, vuole “svelare” il razzismo. Snidarlo. Nelle sue tante radici: illuministe, secolarizzate, scientiste - Céline, se ha una formazione, è da medico. Il razzismo è più radicale (miserabile, superomista) col darwinismo - eh sì. Storico anche: si annida nelle dottrine dei primati nazionali innestate sulle “differenze” di Gobineau, un altro che, come Céline, finisce per preferire agli uomini gli animali. Con un curioso refuso a p. 39, dove l’avvocato e biografo di Céline Gibault è compitato Bidault, il capo del governo della Francia nata dalla Resistenza che sarà - ipernazionalista e per questo nemico di De Gaulle - proscritto dal Generale, e fonderà il Front National ora dei Le Pen. Sapere bisogna. Anche perché, se la letteratura può non essere innocente, “«Bagatelles» (non) ha costituito il reagente chimico di una soluzione già pronta?”
La diffusione di questi testi, d’altra parte, come “Mein Kampf” e altri libri proibiti, argomenta pratico De Benedetti, si fa ugualmente, attraverso edizioni sottobanco e ora siti online anch’essi proibiti ma non controllabili: tanto vale poterli conoscere e far conoscere per quello che sono. È come giocare a poker, si direbbe, senza poter vedere i bluff, anche se certi. Céline De Benedetti dice giustamente ben più pericoloso (attuale, credibile), per la sua capacità fabulatoria se non argomentativa, più di tutti quindi deve essere letto e valutato con attenzione. Altro argomento, semplice e non peregrino, del filosofo: proibendo i libelli di Céline lo si accula all’antisemitismo.
Una nota di Giancarlo Pontiggia, che da traduttore ha dotato Céline di una perfetta reincarnazione in italiano, una sorta di miracolo, vuole lo scrittore pericoloso, se lo è, non per l’astio anticomunista e antisemita dei pamphlet ma “per il voluto attacco che muove alla cultura umanistica”. Che ne fa la modernità, “anzi il punto di svolta verso la piena modernità novecentesca, che si esprime – com’è noto – nella rinuncia a un pensiero strutturato”. Un Céline anche molto Kristeva, “I poteri dell’orrore” – l’evisceramento da cui aborriva. E filosofico, di solidissima genealogia: con Céline qui “danziamo, sotto quel cielo crollato (Nietzsche); come vorremmo danzare (Heidegger); ecco come davvero danziamo (Céline)…”. Se non che Céline potrà essere tutto ma non anti-umanista.
Céline finisce anti-umanista dichiarato per essere impreparato ad affrontare la realtà, che è sempre anti-umana: è un “buon uomo”, uno incapace di una sola cattiva azione, anche minima, che la guerra ha sconvolto, e sconvolge dopo gli anni felici della “scrittura”. Perché lui l’ha vissuta dal di dentro. E perché la guerra si riapprossima inesorabile, ogni avvertimento o contrasto è inefficace e ridicolo. Anti-umanista per formazione anche, intrappolata nell’autodidattismo – fino al commaraggio da portiera, da signora mia, così pieno di verità sempre assolute (di cui De Benedetti trova qui tracce evidenti nella recensione di Mounier su “Esprit”, una delle prime, che sottolineò puntigliosamente le fonti di una trentina di passi: due opuscoli “dello stesso genere di quelli che si vendono all’uscita dei metrò, con le liste degli ultimi numeri del Lotto e le illustrazioni pornografiche”, e “Israele, il suo passato, il suo avvenire” di H. de Vries Heekelingen, antisemita blando del filone “gli ebrei in Israele” – subito tradotto all’epoca in Italia, oltre che in Francia, e in Italia sempre ripreso nel dopoguerra dall’editoria neo fascista).
Riccardo De Benedetti, Céline e il caso delle “Bagatelle”, Medusa, pp. 167 € 14

1 commento:

  1. Grazie per la segnalazione del refuso... Che ha un'origine ancora più complessa perché la B al posto della G viene dall'aver sulla scrivania la biografia di Maurice Blanchot scritta da Christophe Bident... insomma un gran pastrugno di B... ne ha fatto le spese l'avvocato...

    Riccardo De Benedetti

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