“Abbiamo toccato il fondo”, dice l’amministratore delegato delle Generali Giovanni Perissinotto. Lo dice con soddisfazione, “grazie” alle perdite incorse, aggiunge, in Grecia e con Telecom Italia: come a dire “abbiamo perso tanto, non possiamo fare peggio”. Ma poiché Telecom Italia ha appena annunciato la sua solita perdita annuale con Telecom Italia Media, cioè con La 7 e Mtv, e poiché gli azionisti di Telecom, e quindi di TI Media, sono gli stessi del governo Monti, vale la pena fermarsi un attimo alle strategie e tattiche di queste forze buone del mercato.
TI Media-La 7 chiude il 2011 con un fatturato analogo a quello di cinque anni prima. E con una perdita di 83 milioni. Dopo una perdita di 54 milioni nel 2010, di 72 milioni nel 2009, di 92 nel 2008, di 88 milioni nel 2007, eccetera. Ogni anno TI Media produce solo perdite, fra i 50 e i 100 milioni, fra il 25 e il 40 per cento del fatturato. Altrove sarebbe fallita, a Milano sta in Borsa, ed è tenuta in vita da Telecom Italia. Che sa fare – non bene – solo telefonate, e non televisione. Ed è uno dei maggiori gruppi in Borsa, ad azionariato diffuso. Ma Franco Bernabé, l’ad di Telecom che all’Eni e altrove ha tagliato senza pietà i rami secchi, qui se ne guarda bene – la distratta TI Media fa peraltro gestire dal suo pupillo Giovanni Stella, figlio del compianto giurista Federico, che aveva introdotto in Italia lo studio della criminalità del colletti bianchi. Il segreto sta nei padroni: Mediobanca, Generali, Intesa, Sintonia. Cioè Bazoli, la Fiat e i Benetton. Che pagano ogni anno 50-100 milioni per avere uno strumento di potere, contendendo i contratti alla Rai, nientemeno, e a Mediaset – i milioni li pagano i piccoli azionisti, loro si godono il potere.
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