Due correnti agitano da qualche settimana più forte la componente popolare del partito Democratico – al punto da far parlare di scissione. Attorno al consolidamento di Monti, candidato a questo punto naturale alla successione di Napolitano nel 2013.
Fra un anno si vota per le Camere, ma anche, voto ancora più importante, per il Quirinale. Posizione già sicura per Romano Prodi, anche per una necessaria rotazione, dopo una presidenza di sinistra. Prima che emergesse la candidatura Monti, che il presidente del consiglio mostra in ogni circostanza di coltivare.
Gli scissionisti, attorno a un Fioroni sempre più inquieto, fanno un ragionamento apparentemente complesso, ma di sostanza. “Se dev’essere Monti”, dicono, “allora eleggiamolo noi”. Negli schieramenti attuali l’elezione di Monti sarebbe quella di Napolitano a specchio: un uomo di centro-destra (Berlusconi e Casini), appoggiato dal Pd. Nella prossima elezione, come nella precedente, gli ex Popolari non avrebbero alcun ruolo. Fuori dal Pd, invece, avrebbero ogni diritto di candidare Prodi. Dopodiché ogni maggioranza, anche su Monti, dovrebbe passare per una loro iniziativa.
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