La seconda infornata, a un anno dal “Gran Circo Taddei”, di storie di Vigata. Camilleri è riuscito a creare, anche grazie ai film riuscitissimi di Degli Esposti, un “mondo di Vigata”. Affascinante, anche per i foresti, che popola instancabile di vicende. Tutte sfiziose, mai malinconiche, col piglio veloce della serializzazione da feuilleton. Anche se a volte fiacche, prevedibili. E di aneddoti e spirito borghesi, da circolo degli sfaticati, i vecchi “don” di paese, per i quali imbastire “farfanterìe” è l’occupazione principale, e un’arte.
Anche l’incomprensibilità gioca a favore: il misto dialettale ha l’effetto di annullare le distanze e le diversità. Stare in un collegio “sguizzero” per una ragazza non è come stare in un collegio svizzero. È una chiave d’accesso e di complicità.
A rate, e forse senza disegno, Camilleri configura una sorta di “Decamerone” in dialetto siciliano. Realistico-irrealistico come l’originale. Con lo stesso approccio teatrale, visivo – che fa la felicità di tutta la sua narrazione. Un mondo corrivo, ma non piatto: vivente, fatato nell'ordinarietà. Non una cosa alla moda, leghista (strapaese, rancorosa. bozzettista): riproducendo in piccolo la grande narrativa tre-cinquecentesca, del piacere di narrare.
Andrea Camilleri, La Regina di Pomerania, pp. 305 € 14
sabato 17 marzo 2012
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