Ci sono problemi nella corsa trionfale di Facebook verso Wall Street. A cinquanta giorni dal lancio del progetto, le banche che accompagnano la società di Mark Zuckerberg sono caute. Raccomandando un consolidamento del patrimonio e una diversificazione dei servizi. Doveva essere una volata, ma il collocamento si sta rivelando insidioso presso i fondi e gli altri grandi sottoscrittori.
L’operazione è partita con la copertura delle maggiori banche d’affari, Goldman Sachs, Morgan Stanley e JP Morgan. E la compartecipazione di Merrill Lynch (Bank of America), Barclays, Allen & Co. Ma la sottoscrizione, che partiva assicurata, avrebbe incontrato problemi al ricollocamento. Al varo del progetto, l’1 febbraio, Facebook si propose di raccogliere 5 miliardi di dollari. Un obiettivo che le banche che l’accompagnano fecero subito definire modesto – arrivando a prospettare per Facebook un “valore” di 100 miliardi di dollari. Ma l’obiettivo del collocamento avevano consigliato di dimezzare rispetto ai 10 miliardi inizialmente previsti.
Le perplessità del mercato riguarderebbero la scarsa consistenza patrimoniale di Facebook, che è tutta nell’idea del portale, messa online nel 2004 da Zuckerberg. Da qui la corsa in queste ultime settimane agli acquisti di brevetti e licenze, non importa di che natura. E lo studio di nuovi servizi con cui dare consistenza alle entrate.
Le entrate di Facebook sono in forte ascesa. Con 845 milioni di utenti a fine gennaio, il portale ha registrato nel 2011 un fatturato di 3,7 miliardi, con un aumento dell’88 per cento sul 2010. Per oltre il 25 per cento di utile netto, a un miliardo, con un aumento del 65 per cento sul 2010. Ma il fatturato è tutto basato sugli introiti pubblicitari. E la pubblicità dipende da pochi grossi clienti – per il 12 per cento da Zynga, la società di Farmville, altra meteora della socializzazione online.
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