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Decostruzione - Costruzione e decostruzione, struttura e sovrastruttura negano il reale e la storia - Deleuze e Derrida ci resteranno male quando scopriranno che non hanno decostruito nulla, solo scemenze. Mentre la proprietà pedagogica del meccano è nota, era nota a tutti i bambini, da tempo. Rovesciare la realtà è prova d’ingegno, ma la prima diavoleria fu, nel paradiso terrestre, dire bene il male e male il bene. La sua logica è quella di Epimenide, il cretese per il quale tutti i cretesi sono bugiardi, o di Amleto – sarebbe già meglio, credibile, funzionale, effettiva, quella del bugiardo attore: Pinocchio.
Dio – È consolatore, e vendicatore. Ma soprattutto è regolatore, anche lui, si pone dei limiti. In quanto Dio della Legge, e uomo di mondo.
Se Dio è morto – Freud “prima” di Nietzsche anche se dopo Hegel - niente è più permesso, perché niente esiste.
Freud sarà come Adorno dice, che niente in lui è vero, a parte le esagerazioni, ma in questo è grand’uomo, avendo capito che Dio è molteplice e mobile, come le figure del desiderio. Questo modo di essere della realtà che è il più solido – il più vero – e sempre sfugge: la proiezione.
Se Dio s’è ritirato dal mondo (Hegel), con la Tradizione (Evola) e la Filosofia (Heidegger), non si capisce cos’è avvenuto in questi due secoli, né dove la Storia si nasconda.
“Non esistono fatti, solo interpretazioni”, direbbe Nietzsche. Che sono però fatti, spesso non er-ronei. Nietzsche non lo sa ma ripete sant’Anselmo, la prova ontologica di Dio partendo dal salmista: “Lo stolto in cuor suo dice che Dio non c’è”. Bene, spiega il santo, l’ateo, il più stolto di tutti, non può pensare vero “qualcosa di cui nulla può pensarsi di più perfetto o più grande” e poi dire che questo esiste solo come sua propria idea e non nella realtà.
Dio ha creato l’eternità, il tempo è degli orologiai.
Esistenza - L’argomento ontologico non persuase Kant, per il quale l’esistenza “c’è”, e “si mostra” non “si dimostra”.
Futuro – Non può essere brutto - neanche quello del depresso, finché il depresso si pensa (vive). Perché il futuro in sé non esiste, è parte (proiezione) delle attese. Aspettarsi un futuro è di per sé presunzione positiva.
Gelosia – Tradizionalmente associata all’amore, è un’assurdità: in amore il dubbio (la deduzione) è un’assurdità.
Immaginazione – Può mancare? Manca, è un fatto, per un difetto organico.
Si po’ assentare (perdere)? Con l’età, si dice. Ma i giovani e gli anziani la esercitano senza freni, anche nelle forme “deviate”.
Montale, nei ricordi di Maria Luisa Spaziani (“Montale e la Volpe”, pp. 73-74) ne fa un fatto naturale: alcuni mancano d’immaginazione. E tra essi pone sé stesso, un poeta – di una poesia per tanti, che sempre se ne nutrono con profitto la propria immaginazione. Si confonde con la capacità d’affabulazione.
Mamma – Al tempo delle balie era la balia. Il bambino la chiamava mamma e con lei si identificava, più che con la mamma naturale. L’appartenenza – la vicinanza, la cura, e il legame d’istinto – andava col nutrimento più che col concepimento, la gravidanza, il parto. Anche il ruolo sociale, oltre che quello naturale, il nutrimento rovesciava: la balia, solitamente contadina (montanara, pastora) povera, sentita più mamma, o unica mamma, rispetto alla madre naturale borghese di città, di ceto professionale o mercantile.
Potere – Si vuole arcano per essere miserevole. Intrinsecamente debole: si autodistrugge più di quanto distrugge. In tutta la sua fenomenologia nota, dalla mafia all’impero. Peggio quando si nega, pretendendo di cancellarsi.
Le forme più durevoli di potere sono quella che meno ne hanno fatto uso, nemmeno come pezze d’appoggio: le faraonie egiziane, l’impero romano, e oggi gli Usa.
Scienza - Non ha il senso del ridicolo, con le sue miriadi di scoperte, le profondità della psicologia, per esempio, un gioco di specchi, o dell’astrofisica, così vuote, o della biologia, così piatte. Potrebbe essere una buona tecnica, e per tale va presa.
Storia – Riserva sempre sorprese, ma tutte prevedibili. Questo perché la si sottintende migliorativa (progressista). Per una pedagogia, sia pure errata? Per innatismo: la storia è parte della sopravvivenza, e la sopravvivenza è per natura migliorativa.
Quella del pensiero è piatta.
È segnata dall’eternità, da percorsi a noi esterni e ignoti – Nietzsche insomma: “Ogni desiderio anela all’eternità”.
È la fine che dà senso alla storia – poiché la storia deve avere un senso. Da recuperare successivamente.
Uguaglianza – Tucidide la fa chiamare giustizia da Pericle, e tale è nella sostanza, tutto il resto è contorno. L’uguaglianza della nascita, peraltro non contestata dalla reazione, da Antifonte nel Quinto secolo a.C. (ma anche da Platone, al cap. VIII della “Repubblica”) a Joseph De Maistre, ne è il presupposto, scrostando l’individuo dei privilegi o le servitù di censo o casato. Ma si realizza nella giustizia, l’isonomia di Aristotele, la gestione ugualitaria della società, per complessa o squilibrata che essa sia.
zeulig@antiit.eu
mercoledì 14 marzo 2012
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