Carlo Cassola, La ragazza di Bube, Oscar, pp. XXI- 219 € 9
lunedì 19 marzo 2012
Torna la ragazza che non piaceva a Pasolini
Si torna a pubblicare Cassola, a lungo negletto, anche se non dai lettori. “La ragazza di Bube”, il suo racconto più letto, è il primo della riedizione negli Oscar Classici Moderni. Cassola vi pratica al meglio la sua scrittura asciutta, l’anticipazione di una sorta di “grado zero” della scrittura – di poco posteriore, e dunque contemporaneo, di altri scrittori realisti negli Usa, Carson McCullers, Faulkner. Una storia d’amore attorno alla morte, alle molte morti innecessarie e trascurate dell’epoca, anche tra partigiani – la sola giusta, del giovane partigiano ucciso dai tedeschi, resta inconsolabile. In mezzo agli artifici della politica, qui del partito Comunista – del Pci toscano, spesso violento, sconsiderato. “Amanti senza domani”, il vecchio film americano che la ragazza Mara vede una domenica, è la sua storia, l’amore impossibile.
Fu un racconto scomodo all’uscita, nel 1960, di due adolescenze, tra gli assassinii facili a ridosso della guerra - una storia che Giampaolo Pansa ultimamente ha imposto, ma che nel 1960 faceva scandalo. Nel caso, era la guerra dei comunisti contro i badogliani, qui detti monarchici: il loro bando continuerà a lungo, solo Ciampi, quindi non molti anni fa, li riabiliterà totalmente. Fu questo il vero motivo del lungo purgatorio cui Cassola è stato confinato. Sembra un altro mondo ma era ieri: la forza della censura, politica se non istituzionale. “Fausto e Anna”, il suo precedente racconto, su e contro il Pci, Cassola lo riscriverà in seguito alle polemiche. “La ragazza di Bube” solo per poche parole – quanto basta a far dire a Bube che ha sbagliato a dare la colpa dei suoi errori ai cattivi maestri (ma la cosa non resta detta? la censura è un imprimatur e un sigillo, lavora contro se stessa).
Ufficialmente Cassola è stato bandito in quanto traditore del neorealismo. Che lui non aveva praticato, se non come epigono del verismo, della verità delle cose, e più delle persone. Di quelle che non hanno diritto alla storia, nemmeno di Partito. Mentre il neorealismo si distingue per l’ossatura costruttivista, del trionfo del bene – il genere del romanzo “sovietico”. Anche in “Ragazzi di vita”, e poi in “Una vita violenta”, che circolano poco in libreria ma sono lettura d’obbligo nei circoli democratici e nei gruppi di lettura - nella “costruzione dei classici”.
Il riferimento è d’obbligo perché fu Pasolini a mettere Cassola all’indice, scherzosamente e no, con una “ode” alla maniera di Antonio nel “Giulio Cesare” di Shakespeare: “In morte del neorealismo”. Al premio Strega quell’anno, che “La ragazza di Bube” vinse, Pasolini patrocinava Calvino, col fiabesco “Cavaliere inesistente”. Al “realismo” Pasolini ascrive Gadda, Moravia, Bassani, Carlo Levi, Morante, e il Calvino della trilogia fiabesca. Cassola è colpevole di “neo purismo”. Un nonsenso noto, ma senza conseguenze: Pasolini ha ragione a insultare Cassola, allora come oggi. Successivamente Pasolini dirà di avere “sempre stimato non molto, moltissimo” Cassola e di averlo sempre letto “sin dal suo primo libro”. Cassola gli è odioso in quanto socialista: “I neo-puristi, i socialisti bianchi\ - benvisti in Vaticano -…” è l’ultimo insulto dell’ode.
I versi di Pasolini, fragorosi, frastornanti, non rubarono la scena al romanzo, che fu il primo grande successo di pubblico dopo “Il Gattopardo” – e anche di critica. Mara, la ragazza di Bube, sarà al cinema Claudia Cardinale agli esordi, ed è già un risultato. Ma nel romanzo è ancora più viva e vivace. Con le scarpe rotte e spesso a servizio nelle case. Alla quale il meglio che le capita, dopo Bube, è di essere adorata con versi e richiesta in matrimonio. Mentre lei pensa: “«Sono giovane, voglio vivere», questo era ciò che pensava nel suo intimo”.
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