Claudia Ciardi, già classicista e americanista, e ora germanista (ma in petto narratrice), pubblica le sue traduzioni di un paio di dozzine dei sonetti di Benjamin in morte dell’amico Heinle, il giovanissimo poeta suicida a vent’anni con al fidanzata. Curiosa riedizione, a pochi mesi dall’edizione Einaudi, e quasi un confronto con le traduzioni che, per la parte di quel’edizione qui ricompresa, sono da ascrivere a Claudio Groff. Meno manierate, più dirette. Più benjaminiane. A conferma dell’irresolubilità (inconsistenza) del problema “traduzione”, una volta che abbia assolto il compito primario di dare accesso a un’altra lingua. Le traduzioni Groff-Einaudi sono più costruite, danno spessore poetico a Benjamin. Che però non ne ha, non in versi, non in questi sonetti – a parte la capacità retorica.
Dieci anni di sonetti Benjamin praticò nel nome dell’amico. Anzi, Benjamin, che non scriveva poesie, diventa poeta quando Heinle si suicida, a vent’anni, con la fidanzata. Un esercizio da strizzacervelli, se non fu una posa. È una maniera di reagire allo sconforto, spiega al grande amico di una vita Gershom Scholem. E questa potrebbe essere una spiegazione: i dieci anni di sonetti hanno funzione apotropaica, di scongiuro, contro un cedimento, una tentazione analoga – “la fatica lieve dell’ora della morte”. La scelta del sonetto, forma da polire, di applicazione costante più che d’invenzione, confluisce in questa lettura, come un esercizio di attenzione prolungato, un’operosità scacciaumori – e scacciapoesia. Il canzoniere è una divagazione e l’edizione di Claudia Ciardi, senza riferimenti all’edizione Tiedemann (Einaudi), e senza originali a confronto, ne è materializzazione.Il rapporto di Benjamin con Heinle era stato sporadico, e non sempre concorde. Benjamin ne parlerà poco, a parte i sonetti. Una conferenza su Heinle tenuta nel dicembre 1922 a Heidelberg ridurrà a “un lavoro svogliato”, caduto per di più “nell’incomprensione e lo snobismo” dei frequentatori del salotto di Marianne Weber. Di Heinle, ora dimenticato, Benjamin voleva soprattutto dimenticarsi, e con lui della comune esperienza nella Jugendbewegung, il movimento giovanile che Gustav Wyneken creò all’insegna del “nazionalpopolare” di Stefan George: “Alla luce degli eventi successivi”, scrive in nota Claudia Ciardi, “Benjamin analizzo la morte di Heinle come il frutto malato di simili cattivi insegnamenti” – questo non c’è nei sonetti, ma il ripudio è vero, di George se non della Jugendbewegung.
Walter Benjamin, Liberami dal tempo e altre poesie, Via col Vento, pp. 33 € 4
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