La Germania tiene ancora, ma tiene male. Le esportazioni non vanno più bene, e i consumi, che avevano alimentato la forte crescita nel 2011, sono piatti. Anche per effetto di una contenuta massa retributiva: la quasi piena occupazione tedesca fa perno sui “mini jobs”, retribuiti fino a 400 euro mensili (con ridottissimi oneri sociali), e i “bassi salari”, tra 400 e 800 euro (idem), cui sempre più datori di lavoro fanno ricorso – la flessibilità è totale in Germania. Angela Merkel teme di arrivare tra un anno alle elezioni con alle spalle una recessione, e per questo muta tattica.
È su questo cambio di strategia che Monti è intervenuto negli incontri a Bruxelles a patrocinare una politica europea di sviluppo. Senza ridiscutere il “fiscal compact”. Su entrambi i fronti in linea, cioè, col governo tedesco.
Fra i paesi europei già in crisi ci sono tre delle maggiori economie, l’Italia, la Gran Bretagna e la Spagna. E anche la Francia non se la passa bene: la povertà vi è cresciuta fuori controllo. Tra i paesi in crisi ci sono poi cinque vassalli della Germania: Belgio, Olanda, Danimarca, Repubblica Ceca e Slovenia. Il rallentamento in atto in Germania potrebbe arrivare anche alla recessione, nel secondo e terzo trimestre dell’anno.
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