Eravamo rimasti a Diego Marconi alcuni anni fa, con qualche utile. Ferraris, già storico dell’“Ermeneutica” e teorico dell’“Estetica razionale”, nonché ultimamente della necessità di “Ricostruire la decostruzione”, dopo tanto girovagare tra i telefonini, Babbo Natale, Gesù adulto, Kant, l’ipad, e la filosofia delle donne, un’oggettistica (ontologia?) non innocua, torna stanco al vecchio-nuovo realismo. Per dire che la verità esiste, etc. Tutto giusto, magari. Ferraris è anche brioso e spiritoso. La “virgolettizzazione del mondo” è qui ottimo tag anti-postmoderno. Ma il brio qui trascura, forse per essere passato da cronista a editorialista. Questa la sua “autopresentazione”: ha elaborato il “nuovo realismo” negli ultimi vent’anni, avendo abbandonato “l’ermeneutica, per proporre un’estetica come teoria della sensibilità, una ontologia naturale come teoria della in emendabilità e infine una ontologia sociale come teoria della documentalità”. Semplice, no? In linea, aggiunge, “con l’Occidente”.
E il “nuovo” realismo? Il postmoderno, per cominciare, Ferraris dice finito nel populismo – che è un’altra cosa ma, ci capiamo, intende Berlusconi, la “tv commerciale” (come se ce ne potesse essere un’altra). La modernità riduce al “prevalere degli schemi concettuali sul mondo esterno” – o non il contrario, dove mettiamo la tv? Il “pensiero debole” riconduce a Joseph de Maistre, alla “polemica cattolica contro gli esprits forts”. Folgorante, forse, ma insensato. Senza risparmiarci l’ennesima esercitazione destra-sinistra, della sinistra che diventa destra e viceversa, che non è per la verità da esprit fort e nemmeno debole – se non ha stufato pure i lettori dei giornali, in emorragia di copie. Tanto per la documentazione: il destra-sinistra è applicato allo heideggerismo, alla rivoluzione desiderante, all’ironizzazione e alla desublimazione. A cui Ferraris aggiunge di suo la deoggettivazione – questo è Bush jr. Le cinque alluvioni convergono infine nel realitysmo, ultima ontologia di Ferraris, coniata su “Repubblica” il 29 gennaio 2011. Che a sua volta si basa su tre “meccanismi fondamentali”, che risparmiamo.
Il resto è argomentato, più che spiegato o esposto, sullo schema dell’Autore in resta per il Primato. E, certo, non si può dire: Ferraris esiste. Ma con più “verità” si potrebbe sostenere che il giornalismo, pur esistendo, rovina la filosofia, Ferraris con Galli, Galimberti, De Monticelli.
E Vattimo? È a lui che Ferraris scrive, citandolo (demolendolo) e no. I duellanti “escono” insieme, scambiandosi gli editori, ma stanno ognuno nella sua parte. Vattimo, sempre elegante, resta all’antico: l’ermeneutica, o costante reinterpretazione, resta il miglior strumento conoscitivo, poiché consente di superare la “dittatura del presente” - un’ermeneutica, insomma, un po’ revisionista. Soprattutto, Vattimo s’impegna a rigettare l’accusa che il postmoderno sia stato e sia una difesa e un trionfo per il neocapitalismo – cosa che, se mai qualcuno l’ha detta, nessuno ci crede. Semmai, aggiunge, è il realismo che impone oggi l’accettazione conformista del capitalismo imperante…
Maurizio Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Laterza, pp. 113 €15
Gianni Vattimo, Della realtà, Garzanti, pp.238 € 18
mercoledì 25 aprile 2012
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