astolfo
Facebook – Resuscita il passato che l’elettronica ha cancellato. Persone, eventi e relazioni, antecedenti o sottostanti. È anche esibizionismo e affari – l’affare dell’esibizionismo - ma il motore è la nostalgia. È il “vecchio” villaggio globale di Marshall McLuhan.
Novecento – È stato il secolo di Robespierre, in Francia, in Russia, in Spagna e perfino in Germania, con lo hitlerismo.
Danton era l’eroe rivoluzionario dell’Ottocento: la corruzione dell’incorruttibilità.
Occidente – È stato una cultura e una politica: la cultura dell’umanesimo e dei diritti della persona, e la politica, a essa conseguente, del dominio del mondo in forma di civililtà e progresso. È ora con la globalizzazione l’espressione geografica che sottintende, delle regioni che si trovano a Ovest. A Ovest dell’Oriente.
È incluso nella Costituzione degli Stati Uniti, il Western Hemisphere, che con più consistenza possono ambirci. L’Europa, che era un’appendice geografica del continente asiatico, torna a essere quello ch, una coda.
Spia – È la professione più antica, più di quella per antonomasia, se si esercitava già nel paradiso terrestre - qualcuno fece la spia a Dio, forse lo stesso serpente. È il più praticato oggi e il più celebrato – se non timorato di Dio (non si può sapere): con le intercettazioni e i pentiti, di autorità indiscussa. Lo spionaggio è l’unica attività oggi indiscussa: le intercettazioni, comprese le foto invasive, le istantanee mosse, la parole rubate, per strada, al caffè, al ristorante, e i pentiti.
Le spie del Novecento sono state soprattutto intellettuali – nell’Ottocento si spiavano macchinari, brevetti, piani militari. Molte ne furono scovate negli Usa a favore dell’Urss. E in Inghilterra. I più famosi sono i quattro di Cambridge “lavorati” dalla baronessa Budberg, compagna di H.G. Wells per tredici anni, per altrettanti segretaria di Gor’kij: Philby, MacLean, Burgess e Blunt. Più il Quinto uomo mai scoperto, che alcuni vogliono Wittgenstein (ma poteva essere Sraffa). Nel quadro che Gor’ki stesso aveva già dipinto nella “Storia di un uomo inutile”, il romanzo delle spie politiche. Un’affascinante anticipazione nel 1908, nella Russia zarista, del 1938, nell’Urss staliniana. Una galleria di mostri – e un’esplorazione dostoevskjana ancorata all’ordinario, che è la cifra di Gor’kij. Con una serie impressionante di “già visto” per questa nostra epoca di paranoici complotti. Il rivoluzionario è sempre uno “pagato dai tedeschi”, molto prima di Lenin e della stazione Finlandia. L’agente provocatore migliore è l’infiltrato che insegna ai rivoluzionari come fare le bombe, le prepara con loro, e li fa catturare.
Gli scrittori, in particolare, sono stati ansiosi di praticare lo spionaggio, o meglio di averlo praticato, era quasi una patente: Graham Greeene, Hemingway, Le Carrè. Nella “Morbida macchina” Burroughs si spia da solo: “Insomma, sono una spia e non so per chi lavoro, prendo istruzioni dai segnali stradali, dai giornali e da frammenti di conversazione”. Ha collaborato anche Max Salvatori, che fece la resistenza in America, il fratello di Joyce Lussu, con “gli americani” – ma non si sa con chi. E forse Silone, troppo livore nel suo anticomunismo. L’eroe è il traditore in un racconto a sorpresa di Borges. In antico non era così: Ulisse nell’“Iliade” non è un eroe.
Spiare nella Bassa Italia è domandare. Sarà latino: lo spione è un curioso. Ma è troppo comodo, non c’è eroe che abbia voluto fare la spia. Ulisse? Quello dell'“Iliade” non è un eroe.
È un destino cui lo stesso Gor’kij probabilmente non si sottrasse. Non per bisogno né per stupidità, da Eroe Scrittore Nazionale. Uno che non sottostimava Stalin, ma finì per esserne complice, seppure involontario. Per l’archivio degli espatriati che la sua segretaria baronessa Budberg ha consegnato a Mosca dopo essersi “rifugiata” a Londra – dove, grande anfitriona dell’intellettualità, avendo catturato H.G.Wells dopo Gor’kij, propiziò l’adesione al sovietismo dei professori di Cambridge. Di “Moura”, Maria Ignatievna Zakrevskaia, sposata Budberg, la spia del Novecento, l’Italia custodisce le spoglie: morì a Firenze nel 1974, in visita al figlio Pavel, bella donna fino alla fine, benché ingrassata. Moura era protetta a Londra da Jona Ustinov, padre di Peter, agente dell’M 15, la Cia di Sua Maestà. Gor’kij le ha dedicato “La vita di Klim Samgin”, duemila pagine di sé stesso.
Majakovskij, di cui si vuole che sia morto anch’egli assassinato e non suicida, fu anche lui delatore. Era del resto della morale bolscevica denunciare, con piacere. A partire dai bambini (i “Morosov”), contro i padri. Ma molta cura, è indubbio, veniva posta nel controllo degli intellettuali.
Gor’kij vive il post-leninismo, e poi gli anni di Stalin, in esilio. Da ultimo e a lungo a Sorrento e a Capri. Dorato però, e ben organizzato, e con libertà di viaggiare in patria. Sempre onorato e anzi idolatrato. Anche se da qualche tempo con qualche dubbio, da quando Aragon, lo stalinista mai pentito, pensò di “denunciarne” l’avvelenamento a opera del suo medico personale su istigazione di Yagoda, capo dei servizi segreti. Gor’ki muore due anni dopo il rientro e il viaggio trionfale per tutte le Russie (1934) che Stalin personalmente gli aveva organizzato, a ridosso della morte misteriosa di Max, il figlio adorato, e la presidenza del primo congresso degli scrittori sovietici – riunito a varare il realismo socialista da Gor’kij aborrito, di cui era ghiotto Stalin. Ogni pochi anni Gor’kij tornava dall’Italia, da Capri prima e poi da Sorrento, dove viveva con larghi mezzi, l’estate in Russia, accolto da folle entusiaste lungo il percorso, in manifestazioni naturalmente spontanee, e dalla guardia rossa a Mosca, e poi in tournée per il vasto paese, con scorta militare, a fare l’elogio della rivoluzione, anche nei campi di concentramento dove si sperimentava la rieducazione degli individui socialmente pericolosi. Stalin faceva le cose in grande: teatri e viali furono intitolati a Gor’kij, e la stessa classica Nijni-Novgorod, la città dov’era nato. Gor’kij non si schermiva e anzi lo ripagò creando un nuovo filone letterario, il culto della personalità. A Capri Gor’kij ebbe ospite nel 1927 Kamenev, ambasciatore a Roma, che dopo alcune settimane fu fatto rientrare a Mosca, arrestato e freddato.
In realtà Gor’kij fu “avvelenato” ufficialmente nel 1938, due anni dopo la morte, per volere di Stalin. Il Piccolo Padre aveva bisogno di un pretesto per liquidare Yagoda, che gestiva la polizia politica, allora Nkvd. Dopo avere imbastito i processi nel 1936 sulle carte che lo scrittore aveva affidato a Moura da tenere al sicuro a Londra, da Yagoda riportate a Mosca.
Moura, ucraina di nascita, sposa di un barone baltico, fu l’amante a Mosca, al tempo dell’attentato a Lenin, della spia inglese Lockhart. Non punita per questo dalla polizia. Fu quindi segretaria di Gor’kij, dopo assidua corte, la “donna di ferro” che lo scrittore vagheggiava, anche se ormai solo le sorti del genere umano l’appassionavano, e per esso del socialismo. Il rapporto durò familiare a Mosca, in Germania e a Sorrento, per tredici anni. E si concluse con la decisione di Gor’kij di rientrare in Russia. Moura a questo punto se ne separò. Non prima però d’avere avuto da Gor’kij l’archivio da custodire a Londra. A fine aprile 1933 Moura parte con l’archivio per Londra. L’8 maggio Gor’kij lascia Sorrento per Odessa, via Istanbul. Il 15 Moura arriva a Istanbul con l’Orient Express. Il 16 visita con Gor’kij Santa Sofia, e lo stesso giorno riparte per Londra. Dove diventerà l’amante di H.G.Wells per altri tredici anni, fino alla morte dello scrittore, e l’anfitriona della intellettualità britannica. Ma sempre fu spia di Mosca – la Cĕka, la polizia politica dei primi tempi sovietici, usava come provocatori graduati baltici sbandati, mezzo tedeschi, mezzo russi e niente per sé.
Majakovskij era attorniato da amici che lo controllavano. Maschi, le spie Agranov e El’bert. Femmine grazie all’inimitabile Lilija Brik. Quando nel 1928 Elizaveta Zilbert, in arte Elly Jones, da New York decise di trasferirsi a Parigi e rimettersi col poeta, Lilja l’anticipò, promuovendo l’affascinante Tat’jana Jakovleva, un’emigrata. Quando l’anno dopo il poeta ingenuo s’apprestava a proporre le nozze a Tat’jana, Lilja fulminea scambiò le parti: Tat’jana andò sposa a un visconte du Plessix, mentre una Veronica Polonskaja si rese disponibile, benché sposata. Poi il poeta si suicidò.
Moura non è sola. Una schiera di donne molto belle e sapienti si trovano al fianco dei grandi intellettuali comunisti tra le due guerre, provenienti dalla Russia di Lenin e Stalin senza essere fuoriuscite politiche. Philby comunicava con Mosca scrivendo alle amanti russe, di cui cinque sono conosciute. Alcune erano fuoriclasse: le sorelle Kagan in primo luogo, Lilja (Majakovskij) e Elsa (Aragon), le sorelle Babette (Willi Münzenberg) e Margarete Thüring (Buber figlio, comunista, e Heinz Neumann), le sorelle Schucht, moglie e cognata di Gramsci, la prima alla Cĕka e poi alla Ghepeù, la secondo all’ambasciata sovietica a Roma, la multiforme “Gala”, Elena Dmitrievna D’jakonova (Éluard, Dalì), la principessa Kudasheva, musa di Rolland. Margarita Konenkov invece circuiva Einstein, fuori dallo schieramento.
Tutte dominatrici, l’intelligenza è debole. Tutte comunistissime pur essendo anticomuniste, buone con Mosca cioè. Tutte sposate dapprima a un uomo inutile, la procedura è standard. Neppure ipocrite, se Elsa ha lasciato scritto: “Mi piacciono i gioielli, faccio parte dell’alta società, sono nell’alta società, e posso essere una sporcacciona. Sono un agente sovietico”. Con l’aggiunta crudele: “Mio marito è un comunista, ed è colpa mia se lo è”, al “contadino di Parigi” non lasciando neanche la colpa dell’abiezione.
domenica 1 aprile 2012
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