La scoperta di questa biografia è Monaldo, il conte, il padre. L’“Autobiografia” di Monaldo. Che anticipa, nientemeno, “Guerra e pace” sul matrimonio: “Mi pareva che il decreto della nostra unione non fosse scritto in cielo”. Un “conversatore straordinario”, incontinente ma interessante, fino in punto di morte, collettore instancabile di libri, socievolissimo, scriveva anche sessanta lettere in un giorno, un uomo dalla mente “eccentrica, spiritosa, acuta, bizzarra, paradossale”, tanto quanto quella di Giacomo era “quadra”, per “compattezza, forma, sistema”. Simpatico, si può aggiungere, anche nei tanti rovesci finanziari.
A lui Giacomo fece risalire la colpa dei “sette anni di studio matto e disperatissimo” al quale imputava le deformazioni nello sviluppo e gli innumerevoli malanni, che erano invece l’esito della tubercolosi ossea, come Pascoli opinerà correttamente, e della depressione psicotica, come Citati opina. Ma restandogli sempre, nella disperazione, attaccato – Monaldo ne era stato la chioccia, il “padre-madre”, dice Citati.
Pietro Citati, Leopardi, Oscar, pp. 437 € 10
mercoledì 11 aprile 2012
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