Succede per l’energia come già per le banche, i trasporti e gli altri consumi sociali o di pubblica utilità: a un anno e mezzo dalla liberalizzazione dei mercati del gas e della luce, tutte le tariffe sono aumentate liberamente, dal dieci per cento in su, fino al quaranta. A titolo vario (tariffa bioraria, riduzione dell’emissione di CO2, tariffa fissa con tro le fasce orarie). È l’unico esito delle liberalizzazioni in Italia: la libertà di prezzo. Che significa aumento dei prezzi stessi e delle tariffe, e non riduzione, in nessun caso.
A lungo in Italia si contestò la politica delle tariffe, soggette dopo la guerra al controllo e perfino all’autorizzazione governativa. La liberalizzazione si precisò in antitesi alla politica dei controlli. Ritenuta statalista e perfino fascista. E questo è stata ed è: una liberalizzazione degli aumenti – degli”adeguamenti tariffari”: al mercato delle materie prime, ai costi del personale, al cambio dell’euro, e ad altra diversificati riferimenti. Una forma di monopolismo imperfetto e non di concorrenza. Con un aggravio e non con la riduzione dei prezzi, che i manuali di economia politica ascrivono alla concorrenza. Solo si accresce il numero dei soggetti sul mercato. Agli ex monopolisti statali, soggetti ai controlli, si so no sostituito oligopoli privatissimi, senza più controlli. Quelli costosissimi delle Autorità pubbliche sono sinergici con gli oligopoli – ne garantiscono insomma gli interessi.
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