Si riedita il manuale di Pound nella vecchia traduzione di Quadrelli, con una introduzione di Marzio Breda, quirinalista del “Corriere della sera” – a conferma che il poeta americano, con l’esclusione di Massimo Bacigalupo e altri pochi americanisti, è sempre materia per outsider e dilettanti. È un abbecedario piuttosto della scrittura che della lettura. Della scrittura poetica, con una lezione di metrica
Pound fu anche un organizzatore culturale, uno scopritore di talenti (l’elenco è sterminato e caratterizza il Novecento: Eliot e Joyce, e Cummings, Hemingway, W.C.Williams tra i tanti, non escluso Yeats di cui fu per un periodo tuttofare e quasi segretario) e uno studioso di letteratura. Non concluse il dottorato all’università di Pennsylvania a Filadelfia per aver voluto entrare in polemica col rettore (lavorava per la tesi sul ruolo del gracioso nella commedie di Lope de Vega) ma aveva scoperto i poeti provenzali e i siciliani, appassionandosi poi per il latino di Bembo e del Cinquecento (da lui definito “raffaellita”), e mantenne costante nei quasi settant’anni di attività l’interesse filologico. Montale, che spesso ne scrive qui e lì, in testi poi raccolti nel volume “Sulla poesia”, non ne apprezzava l’estetica, o meglio diceva di non capirla. E dai saggi dello “zio Ez” si diceva più che altro confuso: “Solo la sua poesia può rivelarcelo, non quei suoi saggi che saltabeccano tra un millennio e l’atro, trucidando infinite generazioni e sopprimendo interi secoli”. Salvo convenire: “Che cosa può contare un secolo di più o di meno per un Astolfo della poesia, capace di abolire il tempo e lo spazio?” Pound riserva sempre sorprese, al lettore se non allo studioso.
Ezra Pound, L’ABC del leggere, Garzanti, pp. 212 € 12
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