Mario Monti è accreditato dall’Eurisko del favore del 48 per cento degli elettori, un ciclone. Lui personalmente è prudente: sa che il voto è un percorso accidentato. Preferendo accreditarsi come uomo delle istituzioni e non di partito – leggi la presidenza della Repubblica dopo Napolitano.
Una candidatura politica di Monti lascia peraltro perplessi gli studiosi: la sua discesa in campo è stata di tipo fiscale, punitiva e non propositiva. Potrà risanare il bilancio, anche se solo pro tempore. Ma si trova ad affrontare una forte recessione e non ha idea – non la propone - di cosa fare per alleviarla. Il destino “politico” di Monti viene piuttosto equiparato a quello di Giuliano Amato, che nel 1992 affrontò con lo stesso taglio la crisi della lira: molte imposte straordinarie, per un attivo di bilancio che coprì al 90 per cento il costo del debito. Ma non fu più candidabile.
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