Biathanatos non è una doppia morte ma una sorte di morte vissuta. Il suicida può pensare, come John Donne in un momento difficile per la carriera: “Possiedo le chiavi della mia prigione”. Dopo un esame accurato del fatto - cui Donne non fu incline, malgrado un periodo di “malinconia”, l’odierna depressione. Su basi teologiche e legali, parte della controversistica, allora, 1607, contro la chiesa cattolica.
L’esito è all’inizio: “Questo peccato non è irremissibile”. Tesi dimostrata col ricorso a molteplici autorità, dai padri ai santi Agostino e Tommaso, e a Eusebio, Flavio Giuseppe, Baronio, Bellarmino, numerosi causidici castigliani e catalani. E riferimenti agli eretici, i geroglifici, le stelle, la medicina antica, l’ermetismo, i veleni, i sogni, la demonologia. Non noioso. E tuttavia non tradotto, se non ultimamente per servire all’eutanasia. Ma non risolve: il suicidio è ammesso (perdonato) anche dalla chiesa, il problema è la morte procurata da altri.
John Donne, Biathanatos. In difesa del suicidio, SE, pp. 168 € 20
mercoledì 30 maggio 2012
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