Due processi in copia, a Lille e a Milano. Nel dispiego di mezzi e personale per l’investigazione, eccezionale. Nel genere: processi di donne, le giudici, contro uomini. Nelle imputazioni: prossenetismo in prima istanza, complicità in prossenetismo in subordine, sesso a pagamento in terza ipotesi. Nella natura: processi politici, nell’impianto e la gestione dell’informazione, a carico di politici. Il colore però cambia: a Milano contro la destra, a Lille contro la sinistra. Una discrepanza che, nel comune furor politico, espone la radice dei processi: Berlusconi e Strauss Kahn sono rei di andare a puttane. Fatto che i loro avvocati si affrettano a negare, i soldi vogliono regali, confermando il vero vulnus: c’è concordia nella discordia, andare a puttane è non solo un peccato ma anche un reato.
Le differenze sono marginali. La prostituzione è autorizzata in Francia - le prostitute devono pagare l’imposta sul reddito, sulla base di “studi di settore” e “classi di reddito” – e la giudice Ausbart ha dovuto correggere l’imputazione a Strauss-Kahn, seppure aggravandola col delitto associativo (non sesso a pagamento ma “prossenetismo aggravato in banda organizzata”). A Milano la giudice Boccassini si può basare sul divieto di prostituzione minorile, ammesso che di Ruby si dimostri l’età, e che andasse a letto con Berlusconi. A Lille la giudice ha “fermato” Strauss Kahn – a febbraio, quando era ancora utile per la campagna di Sarkozy – e lo ha liberato su cauzione. Ha subito una censura dal capo della Procura – in Francia il potere è ancora sacro: Sarkozy ha potuto fare ministro anche qualche ragazza che aveva messo incinta, fuori del matrimonio. Ha cambiato appunto il capo d’imputazione. E ha a collaboratore Mathieu Vignau, uno dei giudici a latere nel famoso processo d’Outreau, la “Cernobil della giustizia” francese: un processo per pedofilia celebrato dodici anni fa con apparato circense, di parapazzi, tribune Innocenti, etc., e pensose consulenze, lunghe carcerazioni preventive, condanne severe, suicidi, che cinque anni dopo si rivelò invenzione di una coppia pervertita.
È, a Lille come a Milano, benché celebrato da donne togate e non dal re, un “letto di giustizia”. Uno di quei pronunciamenti della giustizia sovrana quale si poteva avere prima della Rivoluzione in Francia, indipendente dalla legge. Un letto di giustizia all’aperto, tra avvocati barbuti e donne squillanti: il diritto come “potere del diritto”. In un’altra scena si direbbe il diritto totalitario, ma non si parla di totalitarismo nei regimi veramente totalitari – qui si fa chiamare senso civico, popolo, uguaglianza, e appunto giustizia, il “braccio severo della legge”. È piccola politica, anche se con dispendio di risorse a attenzione. È l’Italia (Lille copia Milano), ridotta al buco della serratura. È teatro. Le puttane che moraleggiano contro il puttanesimo sono repertorio vecchio. Si fanno sfilare testi rotte a tutto, pur di andare sui giornali e in tv, dove sono libere di pontificare, e più sono sguaiate più hanno titolo.
Non tanto tempo fa questo circo sarebbe stato impossibile, l’epoca era alla libertà. Da vent’anni, con la religione del mercato, il proibizionismo è la regola: del fumo come del sesso, e della privacy (legificare la privacy nel mentre che la si oblitera, è il pattern dell’epoca). Per mano di donne. Ilda Boccassini a Milano, giudice istruttore e procuratore della Repubblica, con le giudici Giulia Turri, Orsola De Cristofaro e Carmen D’Elia, e Stéphanie Ausbart a Lille. Ma con invadente voyeurismo dell’orecchio, e poco senso morale. E a Milano con distinto becerismo maschilista, dietro la parata antiberlusconiana, delle poverette smandrappate che ghignano, cui il tribunale delle giudici fa da passerella. Le cronache francesi, che “Le Monde” affida a due croniste, sono invece esemplari, sapide proprio per essere attente alla vera legge.
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