Rubare sulle pensioni è normale, è legale. Autonomi, precari, disoccupati, e in parte anche i sindacati, lo hanno fatto presente al momento della cosiddetta riforma per decreto delle pensioni, e di quella proposta del lavoro. L’analisi che Roberto E. Bagnoli pubblica oggi su “CorrierEconomia” lo conferma con i dati: il passaggio al contributivo defrauda i lavoratori del 40 per cento delle somme investite – nella media dell’età lavorativa, con punte del 75 per cento.
L’obiettivo dichiarato di Monti e Elsa Fornero è di “liberare” il mercato del lavoro. Ma nulla hanno fatto per dare sostanza alla nuova previdenza, contributiva e libera, che dovrebbe accompagnare e garantire il mercato libero del lavoro. Contribuire alle gestioni separate dell’Inps è come buttare i soldi. Fra quaranta o cinquant’anni matureranno assegni irrisori.
I fondi pensione daranno qualcosa di più, ma pagano, secondo lo studio di Bagnoli, molto di più. La commissione di gestione di un fondo aperto, che nella migliore delle ipotesi cresce annualmente del 5 per cento, è dell’1,50 per cento. Che è alta, ma non basta: si applica sul versamento dell’anno e sul valore netto del fondo, che cumula i versamenti precedenti. L’esito è che “i versamenti del ventesimo anno sono assorbiti per un terzo dalle commissioni; al trentesimo anno per la metà; al quarantesimo per circa il 75 per cento!”.
Dire che Fornero ha premiato i gestori dei fondi pensione non è esagerato. Non c’è futuro senza previdenza. Ma i gestori si accontentano dell’oggi, una previdenza che chiamano “la gallina dalle uova d’oro”.
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