A lato delle “celebrazioni” di Falcone e Borsellino vale rileggere quanto si poteva scrivere dodici anni fa, giorno per giorno:
“Exit Andreotti, si prosegue con Dell’Utri: lo scippo dell’antimafia non ha dunque esaurito le sue – misteriose – ragioni. Ché di scippo si tratta: continua paradigmatica la storia della Repubblica anche dopo l’uscita di scena della vecchia classe dirigente, collusa o corrotta. Anzi si approfondisce, come in una guerra di mafia: i vincenti sono i peggiori. Lasciando prosperare, in tanto frastuono, indisturbata la mafia (gli appalti, la droga, la finanza).
“Tutto l’apparato che era stato messo su faticosamente, da Craxi, dallo stesso Andreotti, per combattere la mafia, leggi speciali, Dia, corpi speciali, cervelli elettronici, banche dati, Superprocura e Procure speciali, è stato dirottato da ormai dieci anni su assurde guerre politiche: di Dc camuffati contro i Dc perdenti, Contrada, Andreotti, Mannino, nell’isola e fuori, e contro gli usurpatori Berlusconi, Dell’Utri, Forza Italia. La Repubblica avrà tolto al Sud la politica, e anche l’antimafia.
“Abbiamo ora centinaia di dossier a carico di Contrada e Berlusconi, centomila pagine su Andreotti, quante ne conta la Treccani, e la mafia circoscritta a Riina, un assassino come tanti. Questa è la verità, anche a voler assolvere le intenzioni. Ma i veri Dc alla Leoluca Orlando, signore delle prepotenze, che nella mafiosissima Palermo prendeva tre voti su quattro, e in alcune sezioni, sovvertendo le leggi della probabilità, anche quattro su quattro, sanno quello che fanno, oggi come ieri. Con la copertura al solito grillesca di Violante, Caselli e i resti del Pci, eterno comprimario. Per la carriera? Per nascondere le loro debolezze? Per debito verso la mafia? Questo lo sostenne Chinnici, e fu assassinato – non vendicato”.
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