Dunque, anche il cameriere del papa rubava per conto di Comunione e Liberazione, il movimento ex catecumenale milanese. Che gli aveva procurato il posto – per poter ricattare il Vaticano? Rubava Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano. Rubava e corrompeva Daccò, faccendiere all’orecchio di Formigoni, altro ciellino, molti milioni. Rubavano un po’ tutti alla Lega, il finanziamento pubblico. Rubavano non si sa più, le notizie di reato si affollano, quanti consiglieri regionali, provinciali e comunali a Milano, con qualche assessore. Magari per il Partito, come l’ex presidente della Provincia e sindaco di Sesto San Giovanni Penati – un po’ come fa Cl. Paradossalmente, solo Berlusconi non ruba, ma aspettiamo gli eventi.
Gli scandali sono quotidiani a Milano e non sono una novità. Sarà questa la famosa flessibilità, il segreto – la magia – dei buoni affari del millennio? Ma Milano meglio si profila come una roccia: non ha perso infatti il vizio di fare la morale al resto dell’Italia, e un po’ anche al mondo - da ultimo il presidente del consiglio Monti a Bergamo (“solo noi paghiamo le tasse”). Come se fosse ipocrita oltre che ladra, come dev’essere un buon tiranno, capo del governo, maggioranza, giudice, e propaganda. A proprio vanto, e discolpa, allegando che Milano persegue il malaffare, mentre altrove non si fa. E Napoli allora, altra capitale morale d’Italia? E gli scandali che a Milano non si propongono, in casi anche celebri, dalla Rcs a Telecom alla Saras, e al San Raffaele, il traffico di obbligazioni false alla Bocconi, la Milano-Serravalle, tangente grandiosa e impunita? Per non dire delle migliaia, i milioni, di patrimoni spariti a Piazza Affari. Con dispendio di grassazioni, mazzette, fondi neri, evasione fiscale, e con l’impunità. È facile così fare i tiranni.
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