All’Opera di Roma è arrivato il maestro Muti due anni fa e tutto è rifiorito. L’orchestra, il coro, il balletto, dopo trent’anni di vacanze pagate: è come se d’improvviso avessero riappreso a suonare, cantare e perfino ballare – questo meno, ma non si può pretendere tutto da un maestro d’orchestra. Con entusiasmo, con capacità. Con un maestro che era stato cacciato da Milano, dal soviet della Scala, e a Milano non può o non vuole più mettere piede.
L’Opera di Roma è anche rifiorita in città, con programmi bellissimi di ascolto ed esecuzione, quest’anno “Il flauto magico” e “Don Giovanni”, tra i bambini delle elementari, con sussidi audiovisivi per ognuno di loro. Suscitando una partecipazione impensabile. Mentre ogni opera in programma è stata un successo di critica, col tutto esaurito, anche per le recite fuori programma. Di livello ben superiore alla stagione della Scala, per fare un esempio.
È più che mai “prova d’orchestra”, il tema felliniano della (in)governabilità. Ci vuole poco, anche in una città che si vuole indolente come Roma, per fare bene: il polso fermo. Mentre Milano ritorna se stessa, mediocremente.
giovedì 31 maggio 2012
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