È un ampliamento del saggio “Skills for life. Why cuttings in humanities teaching pose a threat to democracy itself” supplicato sul “Times Literary Supplement” il 30 aprile 2010, sulla democrazia a rischio per i tagli alle discipline umanistiche. Con argomenti appassionati, ma non nuovi: “La democrazia si fonda sul rispetto e la sensibilità, che a loro volta si basano sulla capacità di vedere gli altri come essere umani, non semplici oggetti”, e questa educazione può solo venire dallo “spirito umanistico: approfondendo il pensiero critico, un’immaginazione ardita, la comprensione empatetica delle esperienze umane di tante specie diverse”. Tanto più oggi, aggiunge: con la globalizzazione e l’elettronica il mondo è più complesso, gli eventi numerosi, la comunicazione immediata e multiforme, e per orientarsi ci vuole molta capacità critica.
Martha Nussbaum fa sua la posizione che nel 1987 ancora criticava, criticando la prima denuncia dell’abbandono della cultura umanistica, “La chiusura della mente americana” di Allan Bloom (nella “New York Review of Books” del 5 novembre). Una “chiusura”, argomentava lo studioso, tanto più cieca in un mondo che invece si voleva più complesso. Con una novità, però, rispetto a Bloom: la filosofa e classicista sostiene che gli Usa, contrariamente all’opinione corrente, resistono allo scadimento dell’istruzione. Grazie al “modello di arti liberali” di Dewey che ancora resiste nelle università, influenzando l’istruzione secondaria. Apprezzato e sostenuto dalle istituzioni e dai donativi privati. Mentre “in molte nazioni dell’Europa e dell’Asia, India compresa, Socrate è ormai fuori moda”.
Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Mulino, pp. 160 € 14
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