Prodi non si metterà di mezzo contro Monti. Lo assicura ai suoi vecchi e nuovi collaboratori, e non c’è da dubitarne: il carattere e la storia personale lo dicono incondizionale ma prudente. Contro Monti però aprirà il fronte della spesa pubblica - come ha aperto quella della riforma elettorale contro l’accordo fra i tre partiti che sostengono Monti. Prodi avrebbe commentato sarcasticamente la nomina dell’ottantenne Bondi a commissario ai tagli, senza alcun potere. E l’invito ai cittadini – ai “colonnelli in pensione” - a proporre i tagli.
Prodi in effetti sa di che si tratta. Al governo nel 1996, aveva commissionato all’economista Paolo Onofri, di Prometeia, una vera spending review, che aveva portato a un quadro sorprendente: troppo per le pensioni, troppo poco per la salute e la ricerca, niente per la formazione (l’Italia è l’unico Paese in cui chi perde il lavoro non può riqualificarsi), eccetera. Un quadro che era anche un programma d’azione. Ma – naturalmente – senza effetti. La spesa pubblica è come la corrente, o come la Rai: non si toccano. Il patrimonio multimiliardario inutilizzato dell’ex esercito di massa non si tocca, e così pure tutte la aree dismesse, gli ex mattatoi, gli ex mercati generali, le procedure non si semplificano, l’inefficienza dev’essere sempre massima. “Non è che non si sa che cosa fare”, Prodi va dicendo ai suoi.
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