martedì 1 maggio 2012

Secondi pensieri - (98)

zeulig

Bellezza – È ciò che non siamo ma vorremmo essere. Dunque non siamo qualcosa. Ma che vorremmo essere.
È una mancanza? No, è un desiderio, di qualcosa di più

Confessione - La società confessionale, protettiva, è repressiva.

Delio Cantimori, che è stato pronazi prima e poi filosovietico, ha elaborato la categoria del nicodemismo, la scissione tra verità pubblica e privata. Il nicodemismo Cantimori ha legato a Spinoza - il quale però non era leninista e neppure hegeliano, lo Stato riducendo a dimensione esteriore. È un’elaborazione della scissione tra confessio e fides, che Carl Schmitt, altro nazi del 1933, ha enucleato.

C’è nel genere una parte nobile. “La confessione di sé”, spiega Hannah Arendt che ha studiato sant’Agostino, “ha un senso generale: è così che la grazia di Dio regna su una vita”. Diceva sant’Agostino che Dio è sopra di noi ma va cercato dentro. Confessio è del resto l’elogio di Dio. È la “forma creata che si sviluppa vivendo” di Goethe. Attraverso la memoria. Anche se la prima persona - la confessione come genere letterario - può essere artificiosa al quadrato. Dice Rousseau di Montaigne: “Si dipinge somigliante ma di profilo”, è un “falso sincero”. Questo nel primo abbozzo delle sue atteggiatissime “Confessioni”. La prima persona è doppiamente doppia quando non racconta in tempo storico ma al presente storico, per esempio. Questo flusso è nato dalla confessione in analisi, la masturbazione in due, ma il lettore non è un analista. O lo è?

Bisogna anche avere qualcosa da confessare, volendolo fare. Ma più interessante è evidentemente il non detto. Ci fu partenogenesi di memorie nel Gran Secolo in Francia. Che sono delle creazioni narrative, a base di esprit. L’ordine genera queste introspezioni critiche, dell’ordine e di sé.
Il genere è inconsistente in Italia, dove non c’e mai stato regime né ordine, se non nell’antica Roma. E non si sa che cosa è più inventivo, se l’ordine o la memoria. Ma con il “panorama indiziario” – tanti indizi fanno una prova - la scuola del sospetto porta il pettegoliamo alla ribalta, e quindi fa audience.

Si deve riconoscere che Freud ha contagiato la storia e le vere scienze. Gran lavoro di costruzione ha introdotto, mediante la confessione, a uso degli sfaticati e gli egoisti: una cura non per ridurre ma per nutrire il narcisismo. Non dal confessore che, piglio paterno, condanna, assolve, soffia, scaracchia, in quei posti bui, pieni di saliva rappresa e di polvere. No, da un signore che si paghi bene e arredi a studio una seconda casa, con un salotto dove mettere il paziente a suo agio e a frutto la colpa, possibilmente a due porte, e si sorbetti fantasie e sogni, uno che peggio ne sente raccontare più si delizia.
È la vittoria del lusso, da Mandeville a Sombart. Quelli che la vera industria, che crea capitale e produce sviluppo, dicono lo spreco: gioielli, viaggi, vestiti, pellicce, barche, Ferrari, escort - cos’è una trombata senza glamour? niente, spiega von Hayek, non c’è piacere con una donnetta. E la confessione - la rivendicazione degli eccessi, “raccontarla”. La confessione, diceva il cardinale Passionei nella causa di beatificazione del cardinale Bellarmino, che a 71 anni s’era scritta l’autobiografia, è egoismo e alterigia.
Diversa è la confessione di chi lo fa per una mercede.

L’analista è un imbalsamatore, dice Reik, modernizzato. Un tempo riempiva la pelle dell’animale di paglia o stoppa e cercava di farlo stare in piedi con bastoni di ferro. Oggi lo ricostruisce dall’interno, studiando il sistema muscolare e osseo.

Essere – È essere e non essere. È in questo fossato (tensione dialettica) che si pone il “problema dell’essere”. Dirlo un divenire è in effetti ottimista (petizione di principio).

Memoria – È ordine. I pazzi si coordinano, ragionano cioè, ma non ricordano, e quindi eccedono, o ripetitivi o vaghi. Ed è regola proustiana che solo il ricordo involontario dia all’artista materia per l’opera. Per il noto precetto di Bergson: “Ciò che abbiamo sentito, pensato, voluto fin dalla prima infanzia è sempre là, chino sul presente che va ad aggiungervisi, e preme contro la porta della coscienza che vorrebbe lasciarlo fuori”. E perché la memoria sa scegliere meglio, è l’autore più rifinito. Ma resta un passato di mistero. La Verità scoperta dal Tempo, nel Seicento, è vana rincorsa – se non tema pittorico che consente d’accostare committenti vegliardi a rosse in carne.
Ora la storia si vuole ritorno, eterno ritorno. Tornava già per gli stoici. Nel labirinto circolare di sant’Agostino. Un girotondo. Nel mentre che ad essa si rinuncia: che ne sarebbe di noi se i nostri occhi dovessero assistere continuamente al film del passato, lamentano Nietzsche e i nietzscheani, noi non siamo più capaci di piangere, e non si dovrebbe dire “liberaci dal male”, ma “liberaci dal passato”. Siamo Ladri del Tempo. Così, nel gergo della polizia Usa dei parchi nazionali, sono chiamati i tombaroli e gli altri saccheggiatori di antichità, che impediscono di risalire nel tempo e ricostituirlo.

Ragione – Deve avere posto anche per il mito e per l’irrazionale. Maurizio Ferraris, “Il manifesto del nuovo realismo”, fa colpa alla modernità di essere, più che razionale, mitologica e anti-illuminista. O non di non esserlo troppo? Non abbastanza.
Il mito nacque in antico come scienza. Questo si sa da Friedrich Schlegel, che esagerava dall’altro lato, ma non è una ragione per dismetterne la verità. Uno scienziato, qualsiasi scienziato, non sarebbe d’accordo con Ferraris.

Realismo – È in forte revival: le “cose” ci sono, e dunque la verità – la realtà non soggettiva (solipsistica). Dopo tanto divagare sull’essere-che-è-non-essere. Si traduce infine “I tre mondi” di Popper. Ferraris redige un “Manifesto del nuovo realismo”. È anche una voga. In reazione al postmoderno – ma questo a opera, non da ora, degli stessi postmodernisti principe, Lyotard, Foucalt, Derrida. E al pensiero debole, che pure è buon placebo in epoca di spiriti deboli.
Soprattutto è una reazione a questo, all’epoca dello spirito debole. E a tutto ciò che lo sottende: l’omogeneità (discorso, sesso, società), l’indistinzione, la piattezza. All’insegna di una partecipazione o condivisione che è indifferenza - quindi, in fine, anche politicamente scorretta. Di una sentimentalità che è atonia. Di una ragione che è balbettamento.

Scoperta – Scompare con la realtà - si scopre o si crea.
La realtà è il principio della scienza, della “scoperta” scientifica. Di un mondo che c’è, se lo si scopre.

Social network – Le reti sociali che proliferano in rete sono un di più e un di meno: la comunicazione cambia ma la sua vera innovazione è un’offerta di compagnia, contro le solitudini, nelle età critiche, adolescenza, climaterio, e nelle situazioni difficili, di affetti o di salute, perfino politiche. Sono un segretario costante, e anche di più: sono il “vecchio” compagno d’infanzia. Lo spirito di comunità di Internet è il vecchio amico di penna. Gruppi, chat, forum, facebook, etc., e il linguaggio dei siti, soprattutto dei commenti, sono le vecchie lettere all’amico sconosciuto.
La sociologia ambisce a elevarli a comunitarismo o neo tribalism. Un feudalesimo tecnologico, strutturato come l’antico con i vari livelli d’integrazione, signori, vassalli, valvassini, valvassori. Ma sono (modesti) ghetti volontari, personali, ambientali, professionali, per classi di età.

zeulig@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento