Elezioni non più. Un altro governo però non è possibile. A meno di. A meno di un rimpasto che colori il governo politicamente, e si presenti come un rafforzamento. Lo colori con qualificate partecipazioni politiche. Con lo scopo di prevenire i “deliri di onnipotenza” cui i tecnici si sono lasciati andare. Comprese le inutili chiacchiere sul fronte internazionale: Monti non ha smosso di una virgola l’Europa “tedesca”.
Non se ne discute in pubblico, ma sono le “convergenze parallele” del momento. Questo Monti non soddisfa più nessuno. Nemmeno più il Quirinale – non tutto il Quirinale - che è il suo pilastro. Il suo governo non ha ovviato alle debolezze alle quali era stato chiamato a ovviare, che si riassumono nella debolezza dell’economia. Non ha tagliato la spesa pubblica (spending review), non ha liberalizzato il lavoro, e potrebbe complicarlo ulteriormente, non ha liberato risorse per la produzione (crediti delle imprese, degli ospedali, dei trasporti). Ha anzi aggravato la debolezza fino a spingerla in recessione galoppante, con una tassazione oltremisura. E ha aperto una questione sociale spinosa, creando masse di esodati, e spingendo i redditi minimi sotto la soglia della povertà. Perdendosi per di più in beghe di potere da piccolo partito di sottogoverno, nelle Autorità, alla Rai, al Csm.
Un cahier de doléances che direbbe Monti insostituibile, se ancora è al suo posto - per molto meno altri hanno vista tronata la carriera politica. A meno di, appunto, sostituirlo mantenendolo a capo del governo, garante ma non più ideatore.
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