Con Tucidide nasce l’Occidente – la storia, la politica, la retorica, i diritti fondamentali – ma in un susseguirsi di guerre tribali, astiose, spietate, ipocrite, e di tradimenti senza fine. La differenza con l’Africa odierna è che ad Atene si scriveva, Tucidide sapeva scrivere. Tutti tradiscono tutti, a Sparta come a Atene. E Tucidide, ateniese e democratico, parteggia per Sparta, surrettiziamente. E non è tutto. La democrazia ateniese era imperialista, sugli schiavi e con la flotta - di cui Tucidide-Senofonte fa teorizzare l’uso imperialista nella guerra di Sicilia. Ed era una democrazia che non aveva amici, così Tucidide subdolo la rappresenta, né estimatori, solo popoli sottomessi e ribelli.
La perfidia di Tucidide è scoperta. Al punto che non si capisce come mai gli spartani, che sconfiggono sempre Atene, non vincono mai – erano ritardati? Fatte le somme, si combattono in tanti, fra città, isole, paesi e paeselli della Grecia, che nemmeno la popolazione attuale, tre milioni di greci maschi tra i 15 e i 60 anni, sarebbero bastati. Il dialogo fra gli ateniesi e i melii, assurto a chiave dell’opera, e della scienza politica da Atene a Washington, sembra alla Campanile – la perfidia sconfina nella stupidità. Alcibiade per converso, che tutto perse, è “bello-e-buono”, solo troppo ricco.
Tucidide, La Guerra del Peloponneso
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