Il salvataggio delle banche – la ricapitalizzazione, il fondo di garanzia – era di interesse e iniziativa tedesche. Ogni altro aspetto no, è stato d’iniziativa italiana: lo scorporo degli investimenti pubblici dal conto del deficit, e lo scudo anti-spread, contro a divaricazione eccessiva dei tassi fra i titoli di un qualsiasi paese dell’euro e quelli tedeschi. Lo scudo è da perfezionare e si sa che la Germania lo boicotterà, ma la decisione è presa: una volta approvato lo scudo, la Bce potrà comprare liberamente titoli del debito in difficoltà.
Ma la vera novità sta fuori dal vertice. Alla Bce assicura il suo sostegno la Federal Reserve Usa, che non ha bisogno di autorizzazioni per intervenire sui mercati, e preme anch’essa per stabilizzare l’euro. Si ritorna, dopo, vent’anni di neglect, a una politica monetaria congiunta, neo atlantica. No. Ma non c’è più la “fortezza Europa”, l’ambizioso disegno franco-tedesco che gli Usa in tutti i modi contrastavano. Ora gli Usa vogliono l’euro, e lo vogliono stabile. Né sono senza significato i contatti costanti di Obama con Monti, pressanti. Nell’indifferenza, e anzi nell’ostilità, della Germania.
Per capire che partita si sta giocando è caratteristica la reazione della stampa tedesca, di destra e di sinistra, agli accordi di stabilizzazione monetaria. Per l’opinione tedesca quella in corso non è un partita unitaria, per un’Europa che funzioni meglio con beneficio di tutti, ma una gara che la Germania deve vincere, naturalmente in tutte le zone del campo. Perché la Germania è virtuosa e gli altri. Detto senza veli, non solo nelle cronache, anche nei commenti: si pesa cosa la Germania potrebbe averci rimesso e cosa ci guadagna.
sabato 30 giugno 2012
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