Friedrich Leopold von Stolberg, che le enciclopedie dicono “capofila del romanticismo cattolico tedesco”, è molto di più, secondo Madame de Staël, alla seconda parte di “Della Germania”. Protestante di nascita e formazione, scrisse una storia del cristianesimo “fatta per meritare l’approvazione di tutte le comunità cristiane”. È cristiano, dice il conte, “chi riceve con la semplicità dei fanciulli le parole della santa scrittura”.
Il conte ha un nome nella storia delle religioni per aver mostrato che la tradizione della caduta è comune a tutti gli uomini, la nostalgia di un mondo ordinato. Si può dire anche, in chiave contemporanea, un precursore di Girard nella teorizzazione del capro espiatorio: il sacrificio, spiegava all’epoca (1780), è la base di ogni religione, la morte di Abele è il primo di questi sacrifici che fondano il cristianesimo, fino a quello del Cristo.
Nel Settecento, epoca in cui sui terremoti si faceva la filosofia della storia, quello del 1787 in Calabria fu il più devastante, dopo quello di Lisbona. Quattro anni dopo, a 42 anni, von Stolberg decide di lasciare Amburgo, con la giovane seconda sposa e il figlio di otto anni, per un lungo viaggio che lo porterà fino in Sicilia. Un viaggio di due anni che racconterà nel 1794 in quattro volumi - è al ritorno dal viaggio che il conte si converte, con la famiglia, al cattolicesimo, sollevando molte polemiche.
A Napoli von Stolberg ha, lieto, una figlia dalla seconda moglie, Syblle – “con facilità come per una napoletana, partorì la mia piccola Sybille”, così l’evento è registrato. La parte della Calabria, che attraversa in tredici giorni, è minima nel racconto, tre lettere in tutto, ma lusinghiera. Era una Calabria sconvolta ancora dal terremoto, in aggiunta all’ingiustizia e all’abbandono politico. Stolberg vi ritrova gli echi della classicità, come è sua abitudine in tutti gli angoli d’Italia che visita. Ma vi ha anche occhio per la natura, insolita - “Natura volse\ mostrar qua giù quanto la sù potea” è pur sempre il distico di Petrarca che apre i quattro volumi. E alla fine si lascia andare a un ditirambo, dai toni perfino profetici, facendo quasi della Calabria il centro del mondo per essere ribollente di fuoco sotterraneo, il fuoco che tutto purifica. Questi i paragfri conclusivi, nella traduzione che ne ha fatto venticinque anni fa Sara De Laura per Rubbettino:
“Lascio con commozione la più bella provincia della bella Italia. Questa regione è più vicina delle altre al meraviglioso sole; ed è rinfrescata di venti provenienti dai due mari, dall’altezza delle sue montagne, da boschi ombrosi, da innumerevoli sorgenti che irrigano campi sui quali il grano e gli alberi brillano del primo verde. Ciò che le altre parti del mondo hanno singolarmente di grande e bello, è riunito in Calabria: qui l’Indiano trovai suoi datteri, e il Lappone distende lo sguardo beato sulla neve dell’Etna.
“Penso alle viste sul mare; sulle cose della stessa Calabria e sulla costa siciliana; qui sullo stretto e laggiù sull’ampio mare; sulle isole Lipari, singole montagne che si ergono dal mare; sull’augusto Etna, che costringe l’occhio verso la Sicilia per la grandiosità della sua Feconda bellezza; tutto ciò, unito all’amichevole fascino della natura in fiore, che cullandomi nel suo grembo mi ha mostrato le sue magnificenze. L’insieme mi ha trasmesso una sensazione che non ha bisogno di essere espressa, anzi rifiuta di farlo, perché va oltre l’espressione stessa; una sensazione che, unendosi ai miei sentimenti più sacri e ai ricordi ed impressioni più dolci della mia vita, ha ampliato la mia esistenza. Ma la mia esistenza non è stata turbata, ha solo ricevuto una nuova direzione nel pensiero che questi paradisi coprono con i fiori l’ingresso dell’Onnipotente. La Calabria è il centro del fuoco sotterraneo, il cu alito spira attraverso il Vesuvio, lo Stromboli e l’Etna.
“Nel grembo di questa amabile terra c’è il grande frutto della trasformazione del mondo, forse anche ormai prossima.
“La Calabria è una donna fiorente del fertile cielo. Il marito, la madre-terra e il mare incoronano questa donna in fiore! Ma essa reca nel cuore un gigante, le cui convulsioni scuotono tanto spesso la terra! La sua nascita sarà annunciata con violenza dalle doglie della partoriente, e queste donne scuoteranno la terra in attesa da polo a polo! Fino a…”
Fino a che Stolberg non precisa. Ma per il meglio, prevede, nello spirito che sarà detto della Provvidenza.
F.L.von Stolberg, Lettere dalla Calabria
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