venerdì 1 giugno 2012

Secondi pensieri - (102)

zeulig

Anima – La notizia fondamentale sarebbe, è noto, che un’anima è stata trovata. E invece, è un fatto, molte se ne trovano, vuote: quelle dei poeti. Che sono pieni di cose, lune, stelle, primavere, rugiade, rii, donne, tigri, ma non del sé immortale, quello delle passioni: la disperazione, o il desiderio, l’odio, neanche l’amore, checché si dica - la passione d’amore è riempita di manifestazioni inattendibili: rimette, laudi, lacrime, invocazioni, improperi, tutti surrogati del coito, un gioco di preliminari, da esercitazione onanistica. Quel sentimento distinto del mondo che viene, tra accensioni e paure, nelle ore anonime e slargate che anticipano l’alba, con la baldanza di chi ha superato la notte, e non subisce ancora il peso del corpo. “Solo l’anima è felice\ Che dall’amore è presa”, canta Chiaretta nell’Egmont di Goethe.

È per la chiesa “la forma del corpo”. Tertulliano, che per essere padre, sia pure della chiesa, ne sa di più, non dice il corpo “coerede dell’anima”, nella creazione e la perdizione? E l’amore, che si fa col corpo, “un dolce distillamento dell’anima”. Ma anche per una buona fetta di pensiero acristiano. L’anima, dice Novalis, è un corpo pervaso dal suono – forse intendeva dallo spirito. Nietzsche: “L’anima fa il suo corpo, e il corpo, per chi sa vederlo, la rivela”. L’anima, direbbe Cvetaeva, “per l’uomo spirituale è quasi carne”. Né si può obiettare, per il vero cristiano il corpo è anima, Gesù stesso è venuto in veste di guaritore, itinerante: guariva lo spirito guarendo il corpo.
Ma la cosa, checché essa voglia dire, è controvertibile: i greci, che così bene figurarono il corpo, meglio se di donna, la donna privavano di anima. Ancora al concilio di Mâcon, nel 585, una mozione di minoranza stabiliva che le donne non hanno anima. Mentre secondo il vecchio libertinismo il corpo si anima se la donna vuole. Secondo Bertoldo, e il Talmud, l’uomo senza donna è un corpo senz’anima.

Coppia – L’ha inventata Rousseau nell’ “Emilio” nel 1762. Avendo denunciato l’anno prima, nella “Nuova Eloisa”, la corruzione dei costumi e della società, Rousseau decide che la tela si può ricostituire attraverso la coppia, come fatto sessuale, cioè naturale. Compresa la procreazione.

Cristianesimo - Si vuole che non ci sia stato, soprattutto in Europa. Se non alla pari degli unni, degli avari, dei mongoli, degli arabi, dei turchi e di ogni altro partecipante. Saltando la storia. Che non sarebbe male, se fosse possibile – abbiamo sempre bisogno di un nuovo inizio (di un altro Cristo?), ci vogliono novità, ricominciare non può essere che benefico. Mentre si sa che non siamo che come il cristianesimo ci ha fatti. Da studioso non cristiani: da Hannah Arendt (come già dallo stesso Hobbes, cristiano critico), per tutte le istituzioni democratiche, da Popper per i “valori”: la compassione, la libertà, l’uguaglianza - non ce ne sono altri.
Si rifiuta il cristianesimo d’altra parte non per una rivoluzione, il nuovo inizio, ma per il rifiuto-di-sé, che è il proprio della secolarizzazione – l’emicrania curata con l’analgesico, somatismo o nevralgia che sia.

Occidente - Si può dire nervoso per costituzione, essendo altro nome per caduta: da qui l’irrequietezza, per uscirne o, temendola, andarle incontro o affrettarla. È cagionevole. Ogni tanto si salva, a Salamina, o a Maratona dove combattè Eschilo, a Granada, a Lepanto, a Stalingrado, per un miracolo. L’Occidente miracolato da Stalin non è male. O da Franco a Hendaye.

È una spugna: coltiva l’ozio e la guerra, lo sport e il cavillo, imita le orde per farsene una colpa, e si ubriaca. Ma filosoficamente si nutre di se stesso, checché esso sia, genealogia, filologia, epica, ermeneutica, vino d’annata, invenzione della tradizione. Con la fissa, non molti anni fa, delle donne senza tette - “Quando le mosche per il mondo andavano\con le cicale mostrando le tette” si ricorda in qualche ciclo di Bertoldo. E questo è quanto, quanto è rimasto: no bra perché non ce n’era più bisogno, anoressici perché obesi, afflitti dall’abbondanza.

Saturno – Diventa saturnino con gli arabi. Prima era il dio e l’età dell’abbondanza e del benessere.
Con “certi scrittori arabi”, spiegano Klibansky, Panofsky e Saxl, del IX secolo. Quando essi, due generazioni più tardi, furono “tradotti” da Alcabizio, cominciando a “penetrare nell’Occidente” – cioè furono riutilizzati dall’astronomo e matematico arabo Abdelaziz, “Alcabizio”, tradotto in latino dopo un paio di secoli, a metà del Duecento – e diffuso poi a stampa ancora un paio di secoli dopo. Perché il colore di Saturno, il pianeta, si presentava “scuro e nero”, “freddo e ventoso”. E per analogia fra Saturno nel cosmo e la milza nel corpo. I “Fratelli di Bassora”, o “Fratelli puri”, della fine del sec. X, stabilivano: “La milza occupa nel corpo al stesa posizione che Saturno ha nel mondo. Saturno infatti coi suoi raggi emana forze trascendenti che penetrano in ogni parte del mondo. Grazie ad esse, le forme aderiscono alla materia e rimangono dentro di essa. Allo stesso modo emana dalla milza la forza della bile nera”.
Così traligna Saturno. Era un dio romano buono, “dei campi e dei raccolti”. Mentre il suo equivalente greco, Crono, era buono e cattivo. Era in Esiodo il sovrano dell’età dell’oro, quando gli uomini avevano abbondanza di tutto ed erano innocenti, in Pindaro il signore delle Isole Beate, l’inventore dell’agricoltura in Macrobio e dell’arte edificatoria in Diodoro Siculo. Ma era anche il divoratore dei figli e degli uomini, e mangiava carne viva. L’ambivalenza greca era quella del pianeta Saturno secondo l’astrologia caldea.

Ma si potrebbe, nella linea di studi neo pagani che da più fonti (ebraica, laica, esoterica) si concentra sul cristianesimo, farne una vittima del Cristo. Gesù Cristo Harold Bloom vuole (“Gesù e Yahvé”) “un nuovo Dio che ricalca il modello greco-romano di Zeus-Giove che usurpa il regno di suo padre, Chronos-Saturno”. Prova ne sia, aggiunge, che “l’imperatore Costantino, quando scelse di istituire il cristianesimo come religione dell’autorità romana, riconobbe intelligentemente in Gesù Cristo una continuazione della tradizione pagana”.

Storia - È fatta a bozzi. Lo dice pure la Gestalt Theorie: il tutto è nel particolare, che deforma e modifica la prospettiva.

La storia è piena di seduzioni.

L’Austria è uscita dalla storia, disse nel 1970 il cancelliere Kreisky, e ne è contenta. Felice il popolo i cui annali sono vuoti nei libri della storia l’aveva detto già Carlyle, che di professione era storico. Gli accademici e i sistemologi lo sanno, che non lasciano traccia. Perfino Dante fu ignorato. Nulla si sa di Shakespeare, e non molti sanno chi fu Alessandro Magno.
Ma è vero che “un senso del futuro è essenziale al senso del passato”, come dice Carr – o all’inverso: si fa storia quando c’è futuro. E bisogna capire, non inventare. Se si vuole un futuro le fondamenta devono essere solide.

Era la storia nel Settecento filosofia insegnata con gli esempi. Ora la storia non è più dei re, generali, prefetti, e dei telegrammi degli ambasciatori. È finito pure il purposeful past, insegna sir John Henry Plumb, “chiamatemi Jack”, l’amico di Maria Bellonci, il passato costruito per un fine: la storia si documenta e critica. Bisogna rifondare il futuro.

Cos’è per me la storia è problema irrisolto di Wittgenstein. Si dice conoscere, o riconoscere. Una fisiognomica. Ma gli uomini somigliano più al loro tempo che ai loro padri, secondo Voltaire.

Tempo – È immortale, altrimenti non sarebbe. Se non come metronomo. Anzi, un pendolo: che non accelera, indifferente.

zeulig@antiit.eu

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