lunedì 11 giugno 2012

Secondi pensieri - 103

zeulig

Anima - Arguiva Aristotele che “se l’anima è dotata”, come si dice, “del genus del movimento, allora dev’esserle propria una determinata specie di movimento, volare, camminare, crescere, diminuire”. Altrimenti, senza la specie, “l’anima non è dotata di movimento”, o il movimento non ha anima.

Il problema è sempre quale Esiodo lo pone, il Caos. Il mondo che da sempre esiste senz’anima, l’anima individuale che a un certo punto nasce, e poi per sempre vive mentre il mondo si decompone. “Strana cosa una cosa che ha un’anima”, deve stupirsi Simone Weil. Tardo recupero platonico – la teologia scopre l’anima immortale dopo la resurrezione dei corpi.

L’anima Torquato Tasso vide inafferrabile: “Sì come l’occhio non può in sé medesimo ritorcere la sua potenza visiva, in modo che veda se stessa, così l’anima difficilmente intende sé medesima”. Ma la beata Angela da Foligno, secoli prima, sapeva circoncidere l’anima.

Joë Bousquet, poeta infelice, fu corrispondente fra i tanti di Simone Weil immateriale, alla quale scriveva: “Credo che esista un oggetto da offrire al pensiero, in modo che l’anima abbia in questo mondo un centro di gravità”.

Nel gilgul, la sua metempsicosi, Isacco Luria immagina che se un’anima soffre un’altra gli fa da chioccia, la coccola, la rianima. È l’angelo custode. O un morto che lasci non finita qualcosa cui tiene: la completa collegandosi all’anima d’un vivente. Isidoro basildiano, figlio di Basilide lo gnostico, ha gli “innesti di anime”. Ireneo di Lione, “il padre della teologia cattolica”, confutatore di Basilide, Isidoro e tutti gli gnostici, la dispersione infinitesimale del cuore.

Anti – Molti fenomeni di negazione radicale, anche obbrobriosa o illecita, sono un’affermazione del sé: l’antipolitica come l’anticomunismo o l’antiborghesia, l’anticlericalismo, l’antisemitismo. È un modo facile - se non l’unico: si veda in tante storie personali, in tanti percorsi (evoluzioni) - per un autore di fare breccia nel muro\nemico che teoricamente assale o demolisce. Non per la logica dialettica ma per un rapporto di forza: una resistenza, anche immotivata o assurda, a una forma di dominio, sia essa solo supposta, un (ri)sentimento. Il razzismo è per molti una condizione di vita, altrimenti non vivrebbero – senza la contestazione della parte offesa, cioè. È stato vero dell’antisemitismo, si vede oggi negli stadi di calcio.

Capitalismo - Il punto in comune che con qualche curva avventata Weber trova fra Riforma e capitale è la razionalità. Che invece è l’inizio della fine, del capitale e della democrazia, per questo instabili. Si ammassa meglio, con più sostanza e continuità, nella diocesi borromeiana, per non dire con san Gennaro. Per il centenario della peste del 1576, fu nel 1976 la Cariplo a celebrare san Carlo Borromeo. È giusto che una banca celebri il santo, cardinale e vescovo di Milano a ventidue anni, questi sono destini.
Si vuole che sant’Agostino abbia inventato col tempo il progresso, ma questa è inferenza borghese, la ragione piatta – la soluzione dei problemi pratici era ciò che i pagani s’a-spettavano dalla religione. La provvidenza è altalenante e non c’è razionalità nella ragione, non necessariamente: l’astratta ragione è aritmetica povera, l’intellettuale non è il ragno della logica. Il capitale è rabelaisiano, non si può squadrarlo, mima il mondo nella sua intima prodigalità.

Corpo – L’ego di Freud è sempre corporeo. Ma non si tratta di materialismo. È nella stessa dottrina dell’Incarnazione, o dell’Incorporazione, e in quella fantascientifica della Resurrezione.

Dio – C’è la divinità greca (platonica, aristotelica, stoica, epicurea) e c’è quella della Bibbia. Molti le vogliono antitetiche, e in effetti lo sono. Yahvé è del tutto irragionevole, secondo i “nostri” canoni. Al meglio, anzi, è un folle. Anche Gesù, un Dio che muore.
Dio può morire, però, per insegnarci la sopravvivenza. Nella Bibbia, al più, si assenta.

Occidente - La vita dello spirito è alla fine l’unica sua vera realtà: la storia, la logica. In tal senso sant’Agostino ordinò e definì l’anima - lui, il grande ordinatore dell’Occidente, ben più di san Paolo e dell’impero romano. Per questo l’Occidente si sente a disagio nel suo materialismo. Arrivando al punto di reagire come i colonizzati: col rifiuto di tutto se stesso, comprese la filosofia, per illusoria che sia, e la scienza politica. Compresa la tolleranza, se i diritti dell’uomo non sono ideologia borghese. Ma questo negarsi, per quanto manipolabile, in vista della Fine della Storia, non è la fine di una civiltà sbagliata, come Marx in un momento di ebbrezza ha pensato, è il suo lato peggiore. Compassionarsi è il lato peggiore di ogni civiltà, la stupidità esiste. Ma questo gli immigrati dicono, con le loro storie vere, di dolore: svegliatevi, ribellatevi. Ai buoni sentimenti.
L’Occidente potrebbe essere l’adolescenza, un po’perversa ma sopratutto incerta. Uno stato nascente in un destino discendente. L’irenismo volenteroso dei monaci, una professione che sempre ha attratto gli europei, la singolarità del destino al riparo dalla vita.

Religione – Si suole dire oppio dei popoli, facile formula di Marx – formidabile copywriter. È piuttosto la poesia, dei singoli e dei popoli. In tutte le sue forme, anche le panteiste – Leopardi, Whitman.

Storia – Più a lungo è stata ed è storia di cose, aria, acqua, fuoco, terra. Anche perché Cristo l’ha trasformata: la storia è natura, la natura storia. La natura dell’uomo è nelle cose. La biologia si scopre simile alla storia più che alla fisica. Ma la storia - il gesto efficace, toccare, torcere, carezzare, tagliare, colpire, scagliare – esemplifica la fisica. La fisica dà forma alla storia - quello che la fisica si spiega meno sono i fenomeni naturali. Se non c’è la storia non c’è la fisica, cioè la natura. Che la mineralogia facesse parte della storia lo sapeva già Novalis, e la morale, la religione applicata, anche l’antropologia. È il cammino di Dio attraverso la natura di Herder. Passati attraverso il rifiuto della metafisica, se ne esce rifiuti.

La storia è lenta. Il tempo fluisce a ritroso, la storia nuota controcorrente, e il momento in cui il futuro si scioglie nel passato questo è il presente, spiega Borges citando Bradley. Borges per il quale “senza dubbio l’esistenza dell’uomo è un fatto curioso”.
La storia, che Napoleone voleva “favola concordata”, è profonda, per questo lenta a scorrere, direbbe Braudel. E concreta, aggiungerebbe Marc Bloch, nonché probabile. Distruggendo i miti e le menzogne, sia pure benevole, di cui essa stessa si compiace: il senso della storia è nemico delle illusioni.

La storia è retorica, è stato anche detto, opus oratorium maxime, giudice dei secoli, ancella della morale, nonché della teologia. “La libertà della scrittura è la vera madre della storia”, insiste ovvio Gregorio Leti. E insomma, ecco Valéry, è cattiva maestra. Un enigma sanguinoso e beffardo per il reazionario. O è la Provvidenza. La storia vera, si sa, è segreta. Va con l’intelligenza della vita. Che dev’essere poca.

zeulig@antiit.eu

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