Trasposto sull’infamante (la “giustizia”), sembra di reimmergersi nel monolitismo sovietico, tanto povero di concetti quanto imperativo: la “Pravda” camuffata da Voltaire, la verità in forma di sospetto. Presa in contropiede da una verità più scottante, Dell’Utri e la mafia che ricattano Berlusconi, ma sempre greve.
La verità di questo numero è che Napolitano è un infame. Ci duettano Flores d’Arcais con Barbara Spinelli, eretti in “un nostro mondo” - una corte posta in cima ai “lettori di Il Fatto e\o Repubblica” (e “a livello di massa i telespettatori di Santoro e Gabbanelli”). Marco Travaglio con se stesso. Giuseppe Lo Bianco con Sandra Rizza, in una controinformazione stantia, loro stessi non si divertono. Mentre Bragantini e Mario Pianta fanno da sparring partner al pensiero di Emiliano Brancaccio sullo spread.
Il tutto in memoria di Tabucchi, per la quale si finisce per comprare il numero (raccoglie i suoi scritti sulla rivista). Che è morto ma, si scopre, l’aveva ben spiegato, su “Le Monde” e altrove, che Ciampi, prima di Napolitano, era un infame. Non ci aveva detto che aveva tramato con Riina e Provenzano, perché Massimo Ciancimino ancora non aveva parlato, ma “sapeva”, pure lui.
Un presidente al di sopra di ogni sospetto + Antonio Tabucchi, la scrittura e l’impegno, “Micromega” n.5\2012, pp. 110 + 176 € 14
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